2011-09-05 15:27:44

Somalia: la carestia mette in ginocchio anche la regione di Bay. In 750 mila rischiano di morire


Si aggrava l’emergenza umanitaria nel Corno d’Africa. La carestia ha colpito un'altra regione della Somalia, quella meridionale di Bay, la sesta del Paese a soffrire della grave crisi alimentare. “Se il livello di risposta attuale continua così – denuncia l’Onu la fame avanzerà ancora nei prossimi quattro mesi e dei quattro milioni di persone coinvolte, 750 mila rischiano la morte”. La regione di Bay, con capoluogo Baidoa, ricca di corsi d’acqua, è una delle roccaforti delle milizie islamiche Shebab: le restrizioni imposte da queste ultime alla distribuzione degli aiuti complicano la situazione. Paolo Ondarza ha intervistato Paolo Beccegato, responsabile area internazionale di Caritas Italiana.RealAudioMP3

R. – Nella regione di Bay, pur essendo una zona di per sé abbastanza irrigata, ricca di fiumi di tutta la Somalia è la zona più popolata, più fertile e più attiva queste precipitazioni molto scarse, nell’arco dell’anno, stanno gradualmente portando, di regione in regione, il livello di allerta da minimo ad emergenza, fino al livello massimo, cioè quello di catastrofe o carestia.

D. - Quanto sta contando anche l’assenza di una risposta adeguata da parte della comunità internazionale?

R. - Direi che i due fattori vanno certamente di pari passo. La situazione di instabilità intrinseca alla Somalia fa sì che, eccetto la città di Mogadiscio, controllata dal governo, tutto il territorio si trovi in una situazione di sostanziale anarchia, di tensione, di conflittualità armata e di violenza. Situazione che, evidentemente, non permette di raggiungere la popolazione, né tantomeno di fare interventi preventivi come anche di lavorare in termini di sviluppo agricolo.

D. - La regione di Bay è una delle roccaforti delle milizie islamiche degli Shebab e questo complica un po’ la situazione…

R. - Sì. Pur essendo abbastanza vicino a Mogadiscio, la zona è in mano agli Shebab quasi nella sua totalità e non è affatto facile raggiungerla.

D. - Le milizie degli Shebab come reagiscono di fronte a questa crisi umanitaria?

R. - Hanno avuto una condotta altalenante. In alcuni casi hanno annunciato la disponibilità ad aprire i corridoi umanitari, in altri, invece, sono molto più restie. Evidentemente temono le ingerenze straniere, l’arrivo di contingenti Onu che, portando aiuti, secondo loro potrebbero in qualche modo entrare nelle dinamiche del conflitto, anche solo come osservatori.

D. - Questo, però, non ferma la vostra azione. Attraverso di voi cosa può fare ognuno di noi?

R. - Abbiamo lanciato una colletta: il 18 settembre, ci sarà la grande colletta nazionale, rivolta a tutte le comunità. Quello che chiediamo è il massimo livello di solidarietà verso queste popolazioni veramente dimenticate. Sul nostro sito, www.caritasitaliana.it, ci sono tutti i riferimenti per poter contribuire e ci sono anche tutti gli aggiornamenti per quanto riguarda le nostre attività. Attività che, nonostante le difficoltà, riusciamo a condurre non solo in Somalia ma anche negli altri Paesi colpiti, in modo particolare in Kenya, Etiopia, Gibuti, Eritrea. C’è anche una seconda fascia più larga, del Corno d’Africa, della quale non vanno dimenticati i bisogni e le necessità. (vv)







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