2011-09-05 15:46:35

In San Pietro i funerali del cardinale Deskur. Mons. Pastore: "Nel '78 Papa Wojtyla gli disse: prega per la mia missione"


Si svolgeranno domani alle 11.30, nella Basilica di San Pietro, i funerali del cardinale polacco Andrzei Maria Deskur, scomparso sabato scorso a Roma all’età di 87 anni. Il rito sarà officiato dal cardinale decano Angelo Sodano, presso l’Altare della Cattedra. Una vita quella del cardinale Deskur, tra i “figli più illustri” della comunità diocesana di Cracovia, “spesa nell’adesione coerente e generosa alla propria vocazione”, ha sottolineato Benedetto XVI nel suo messaggio di cordoglio. Chiamato a Roma, all’inizio degli anni ’50, teologo conciliare, dedicato allo studio dei moderni mezzi di comunicazione, il cardinale Deskur veniva colpito a soli 54 anni da una grave malattia invalidante. Il servizio di Roberta Gisotti:RealAudioMP3

Da 33 anni prigioniero del suo corpo, il cardinale Deskur, paralizzato dai giorni del Conclave che segnò l’elezione al soglio pontificio dell’allora arcivescovo di Cracovia, Karol Wojtyla, suo compagno di seminario e grande amico per tutta la vita. Della statura intellettuale e morale di questo “pio e zelante sacerdote” – come lo ha ricordato ieri Benedetto XVI – “che seppe accettare l’infermità con evangelica rassegnazione”, parliamo con il vescovo Pierfranco Pastore, che conobbe a fondo e collaborò con il cardinale Deskur, in un ambito dove la Chiesa è stata per tanti versi profetica, quello delle comunicazioni sociali.

D. - Quale eredità più grande lascia Andrej Deskur?

R. - Vorrei dire che la sua missione è stata segnata dal momento dell’elezione di Giovanni Paolo II al Pontificato, per le parole stesse che gli disse il Papa quando andò a trovarlo il giorno dopo la sua elezione all’ospedale Gemelli, dove lui era ricoverato. Gli disse: “Ecco, la tua missione, adesso, è ben segnata: tu dovrai pregare per il nuovo Papa e per la Chiesa con la tua sofferenza”. Credo che questa sia stata la missione più grande, quella più vera.

D. - Lei ha avuto quindi modo di apprezzare la sua capacità di raccogliere questa particolare missione. Quale insegnamento, anche umano, nell’accettazione della sofferenzale le ha lasciato?

R. - Nel letto della sua sofferenza, lui a fianco accanto aveva una gigantografia di Giovanni Paolo II che guardava continuamente. Credo che il colloquio che c’era tra i due e che noi non sentivamo, perché era spirituale era esattamente di totale dedizione e totale accettazione di quella che era la volontà del Signore. E, credo che il cardinale Deskur abbia dato davvero molto per il bene della Chiesa, non tanto e non soltanto quando fu degno presidente dell’allora Pontificia Commissione delle Comunicazioni Sociali che poi divenne il Pontificio Consiglio, di cui sono stato segretario quanto proprio per il valore della sua sofferenza, offerta con grande generosità e semplicità.

D. - Quali erano le sue idee innovative in quegli anni di fervore su argomenti nuovi sui quali si dibatteva anche nella società civile?

R. - Fu l’artefice non l’unico, perché ci lavorarono in molti del documento che fu ed è, secondo me, ancora oggi fondamentale per l’apostolato delle comunicazioni sociali nella Chiesa: la Communio et progressio. Penso che rileggere quel documento significhi vedere quale segno abbia lasciato il cardinale Deskur della sua attività, della sua intelligenza e grandezza morale alla Chiesa di tutti i tempi.

D. - C’è un aneddoto personale di cui lei serba un ricordo particolare?

R. - Proprio nel giorno in cui veniva beatificato il suo migliore amico, io assieme a lui – l’allora arcivescovo Deskur era già sulla sedia a rotelle da molto tempo andammo vicino alla bara di Giovanni Paolo II che era già stata sistemata nella Basilica. Mentre eravamo lì a pregare, davanti alla sua salma, mi venne in mente il giorno in cui, subito dopo la sua elezione, il Papa andò a trovarlo al Gemelli. Quel momento, quell’incontro mi sembrava fosse come la restituzione di una visita piena di gratitudine e di affetto. (vv)







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