Primavera araba: la comunità internazionale si scontra sul futuro di Libia e Siria
Prosegue la caccia a Gheddafi in Libia, dove duecento veicoli militari degli insorti
stanno avanzando verso la città di Bani Walid, una delle ultime roccaforti del rais
e uno dei suoi possibili rifugi. Intanto in Siria sale a 21 il bilancio delle vittime
della repressione di ieri, principalmente nella provincia di Damasco. Una situazione
di sostanziale stallo nei due Paesi, alla quale corrisponde tuttavia una frenetica
attività della comunità internazionale. Il servizio di Michele Raviart.
Il destino
di Siria e Libia, gli ultimi Paesi in ordine di tempo coinvolti nella “primavera araba”
che sta cambiando il volto del Nord Africa e del Medio Oriente, è sempre più materia
di frizione tra le diplomazie di tutto il mondo. Contro la Siria è stata netta la
posizione dell’Unione Europea, che questa mattina ha ufficializzato l’estensione delle
sanzioni contro il regime di Al-Assad. L’importazione di petrolio dalla Siria è stata
vietata, anche se i contratti in essere saranno rispettati fino al 15 novembre, e
sono stati messi al bando nei Paesi dell’Unione quattro uomini d’affari, accusati
di “fornire supporto economico al regime”. Inoltre sono state congelate le attività
di una banca siriana di proprietà statale e di due società private. Una serie di misure
che non è piaciuta al ministro degli Esteri russo Lavrov che le ha definite inutili
e dannose per la risoluzione della crisi. Una Russia molto attiva anche sul fronte
libico, con l’invito ufficiale a Mosca del Consiglio Nazionale Transitorio, per discutere
le sorti dei contratti energetici stipulati a suo tempo dal Cremlino con Gheddafi.
E mentre a Tripoli è atteso per questa mattina un emissario delle Nazioni Unite, l’ambasciatore
turco in Libia, il primo a ritornare nel Paese, chiede a Gheddafi di arrendersi. “E’
solo una lotta per il petrolio”, tuona il presidente venezuelano Chavez da Caracas,
mentre il New York Times denuncia la cooperazione della Cia con i servizi segreti
di Gheddafi: otto persone sospettate di terrorismo sarebbero state spedite dalla Cia
in Libia per essere interrogate, in un Paese noto per i casi di tortura.