2011-09-02 14:53:38

Siria: numerose vittime nel 27.mo venerdì di protesta. Embargo europeo contro il petrolio siriano


Non si fermano le violenze in Siria: nel 27.mo venerdì di protesta, in coincidenza col giorno di preghiera per i musulmani, si segnalano finora almeno 7 morti tra gli attivisti dell'opposizione. Gli scontri si stanno verificando in varie città del Paese. Intanto, l'Unione Europea ha approvato un embargo sul petrolio siriano a partire dal 15 novembre. La Siria produce circa 400 mila barili di petrolio al giorno, al 95% acquistati dall'Ue. Le sanzioni, che colpiscono anche il gas siriano, hanno l’obiettivo di spingere il governo di Damasco a desistere dalla repressione. Di contro, l’Europa ha svincolato in favore della nuova leadership libica i beni finanziari sequestrati al regime di Gheddafi per un ammontare di 15 miliardi di dollari e si appresta a discutere con il Consiglio nazionale di transizione l’accessibilità alle risorse petrolifere del Paese. Sull’attuale geopolitica euro-mediterranea, Stefano Leszczynski ha intervistato Luciano Bozzo, docente di relazioni internazionali all’Università di Firenze:RealAudioMP3

R. - L’intervento in Libia è stato compiuto non soltanto per volontà di alcune potenze regionali - in particolare, evidentemente, la Francia - ma anche perché questo intervento era oggettivamente possibile: un eventuale intervento in Siria sarebbe estremamente più difficoltoso semplicemente perché non vi sono le condizioni. Vero è che la Siria, al contrario della Libia, non presenta - diciamo così - un piatto altrettanto ricco, anzi nemmeno comparabile dal punto di vista delle risorse e in particolare quelle petrolifere o di gas naturale.

D. - Se la Siria non è così importante da un punto di vista energetico, che senso ha imporre delle sanzioni negli ambiti petroliferi e dell’esportazione di gas?

R. - Si sta cercando - da parte sia dei Paesi dell’Unione Europea che, soprattutto, degli Stati Uniti - comunque di esercitare una pressione. Evidentemente stiamo parlando di un Paese che ha, da questo punto di vista, risorse assai più limitate, ma che ha una straordinaria importanza geopolitica, perché finisce con l’essere la chiave di volta per tutta una serie di equilibri regionali, che sarebbero comunque sconvolti se si arrivasse ad un “regime change” in Siria interno o indotto da eventuale intervento esterno.

D. - Il caso del Mediterraneo, il cinismo espresso anche da molte Cancellerie per quanto riguarda le risorse delle zone in cui si va ad intervenire militarmente non viene neppure nascosto. Questo come si giustifica da un punto di vista di etica internazionale?

R. - Non si giustifica affatto! Si è utilizzato all’eccesso il tema della tutela dei diritti dell’uomo, non rendendosi conto di cadere nel paradossale e nel grottesco applicando questo concetto alla Libia e, appunto, non applicandolo - chissà perché? - ad altri casi ben più clamorosi. Si è cercato di nascondere la presenza di interessi ben più concreti di politica estera di alcune potenze regionali. La guerra è stata etichettata addirittura come “non guerra” e si è continuato a giustificarla in una maniera che davvero - mi pare - poco accettabile.

D. - Adesso in sostanza la corsa alle risorse libiche potrebbe anche provocare delle fratture all’interno dell’Unione Europea?

R. - Forse tra alcuni di questi Stati membri: fratture che erano, peraltro, già evidenti e che potrebbero essere in parte esacerbate. (mg)







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