Le Chiese malesi chiedono più libertà per i cristiani e una nuova legge elettorale
Un sistema elettorale più equo e democratico e più libertà ai cristiani di svolgere
opere caritative. È quanto ha chiesto in un messaggio per la Festa nazionale dell’indipendenza,
celebrata il 31 agosto, la Federazione cristiana della Malaysia (Cfm), un’associazione
che riunisce le principali Chiese del Paese. Il messaggio riprende le istanze avanzate
da sempre più ampi strati della società civile malese in cui, con l’avvicinarsi delle
prossime elezioni politiche, cresce il malcontento per l’attuale sistema elettorale
accusato di favorire l’Umno (United Malays National Organization) al potere dall’indipendenza
nel 1957. “Oggi - si legge nel testo ripreso dall’agenzia Ucan - i malesi, come cittadini
interessati alle sorti del Paese, vogliono che la loro voce sia ascoltata, parlare
dei suoi problemi e di come è governato. Molti malesi vogliono una riforma elettorale
per garantire un sistema più giusto”. Un sentimento, afferma la Cfm, che i cristiani
condividono: “Noi non parteggiamo per alcun partito, ma desideriamo vedere un sistema
elettorale equo, trasparente e giusto che possa garantire alla Nazione equità, giustizia
e armonia”. Nel messaggio le Chiese cristiane chiedono anche di potere svolgere liberamente
le loro attività benefiche, oggi soggette a numerose restrizioni con il pretesto che
farebbero proselitismo: “I cristiani – affermano - devono continuare a fare opere
caritative a favore di tutti i poveri e i bisognosi, senza distinzioni di razza, religione
o credo per contribuire alla costruzione della nazione”. “Fare opere buone - ha puntualizzato
il vice-presidente della Cfm, il rev. Eu Hong Sen - non è fare proselitismo: le porte
della Chiesa dovrebbero sempre essere aperte e non dobbiamo temere di fare del bene”.
I cristiani in Malaysia sono il 9% per cento della popolazione, per i due terzi musulmana
sunnita (religione ufficiale del Paese), mentre il 19% pratica il buddismo; e il 6%
induismo. La Chiesa vive in genere in uno stato di soggezione e di esclusione nei
confronti della maggioranza musulmana, un'esclusione che trova la sua legittimazione
nello stesso ordinamento giuridico, come conferma tra l’altro l’annosa controversia
sull’uso nei testi cristiani del termine Allah per indicare Dio. (A cura di Lisa
Zengarini)