Conferenza a Parigi sulla nuova Libia. Mosca riconosce gli insorti
Al via oggi a Parigi la Conferenza per la “nuova Libia”: vi partecipano le delegazioni
di circa 60 Paesi. Intanto, sul terreno prosegue la caccia a Gheddafi, mentre dai
figli del rais arrivano messaggi contraddittori sulla possibilità di una resa. Il
servizio di Marco Guerra:
Aiutare il
processo di transizione democratica e reperire i fondi per la ricostruzione, evitando
di ripetere gli errori del dopo guerra compiuti in Afghanistan e in Iraq. Sono queste
le parole d’ordine delle comunità internazionale che si appresta a discutere del dopo-Gheddafi
in Libia. Al summit che si aprirà nel pomeriggio a Parigi, il Gruppo di contatto -
che ha sostenuto l’azione militare Nato - ascolterà le richieste dei due nuovi leader
del Paese, il presidente Jalil e il premier Jibril. Per coprire le esigenze della
fase di ricostruzione si punta in particolare a scongelare i fondi libici occultati
nelle banche di mezzo mondo. Si tratta di 50 miliardi di dollari solo nei Paesi che
li hanno già censiti, parte dei quali sono stati già sbloccati da Italia, Gran Bretagna
e Francia nei giorni scorsi. Il vertice serve anche a recuperare quei Paesi che hanno
sempre espresso la loro contrarietà alla guerra, su tutti Russia e Cina. Mosca oggi
ha riconosciuto il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ma, come Pechino, frena
sull’utilità del vertice e insiste nel voler rinviare la discussione sul futuro della
Libia al Consiglio di sicurezza dell'Onu. Problema a parte è invece
la sorte di Gheddafi: molte nazioni chiedono un processo all’Aia ma i libici rivendicano
il diritto a ucciderlo se continuasse a resistere. Gli insorti lo danno a Bani
Walid, località nel deserto a sud di Tripoli. E mentre continuano a resistere i lealisti
asserrragliati a Sirte, il Cnt ha prorogato di una settimana l'ultimatum per la resa
della città, ultimatum che doveva scadere sabato prossimo. Da parte sua, il figlio
del colonnello, Saif Al Islam, ammonisce i ribelli a non attaccare la città:
"La resistenza continua, la vittoria è vicina". L'altro figlio, Saadi, dice invece
di essere pronto a trattare e di parlare anche a nome del padre.
Dunque,
anche la Russia ha deciso di riconoscere ufficialmente il Consiglio Nazionale Transitorio.
Ad annunciarlo il ministero degli Esteri di Mosca, esprimendo l'auspicio che vengano
mantenuti in vigore gli accordi bilaterali conclusi in precedenza. Questa apertura
di Mosca quanto influirà sulla mappa diplomatica che si sta costituendo intorno alla
“nuova” Libia? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Fulvio Scaglione,
vice-direttore di Famiglia Cristiana:
R. – Io credo
che intanto la mossa di Mosca appartenga alla logica della realpolitik: ora che Gheddafi
è andato, finito, il suo regime travolto, nessuno vuole restare completamente escluso
dal fronte libico. Quanto poi questo sia una reale adesione alla realtà della Libia
o semplicemente il tentativo strumentale di non rimanere tagliato fuori rispetto a
quelli che certamente saranno i desideri di altri Paesi - gli Stati Uniti, la Francia,
la Gran Bretagna, che sono intervenuti e che hanno combattuto; l’Italia che è vicina
e che con la Libia aveva e ha interessi storici - questo poi è tutto da vedere.
D.
– E’ possibile che Mosca si trascini anche la Cina in questo riconoscimento?
R.
– Io credo che il riconoscimento avverrà, perché semplicemente il cambio di regime
è avvenuto, dopodiché il riconoscimento è un passo certamente importante dal punto
di vista diplomatico ma che non lega le mani a nessuno. Non dimentichiamo che sia
la Russia sia la Cina hanno forti interessi collegati alla Libia, chiunque governi
in Libia: la Russia perché è un protagonista del mercato internazionale del petrolio
e quindi vuole essere presente laddove si decidono le sorti di Paesi che a loro volta
possono influire sull’andamento di quel mercato; la Cina perché intanto si è molto
infiltrata economicamente e politicamente in Africa e poi perché sappiamo che uno
dei problemi della Cina è quello dell’approvvigionamento energetico della sua colossale
macchina industriale. Se la Cina consumasse solo il proprio petrolio in pochi anni
l’avrebbe finito. Da qui i collegamenti anche con l’Iran, per esempio, cioè con i
Paesi che possono fornire petrolio e risorse energetiche. La Libia è sicuramente un
Paese importante da questo punto di vista e sicuramente i cinesi non vorranno rimanere
completamente tagliati fuori.
D. - Certo è, a questo punto, che Mosca
ha con la Siria un atteggiamento differente. Possiamo prevedere un cambio di rotta
anche su questo fronte?
R. – Non finché Assad in qualche modo si regge
al potere. Se Assad cadesse si aprono scenari totalmente differenti, ma è chiaro che
a quel punto Mosca si adeguerebbe, questo è nella logica dei movimenti delle grandi
potenze. (bf)