2011-08-31 14:35:01

Violazioni di diritti umani in Siria, la denuncia di Amnesty International


In migliaia ieri - primo giorno di festa per la fine del Ramadan - hanno sfidato il regime siriano in diverse località del Paese, nonostante il massiccio dispiegamento di milizie fedeli al presidente Bashar al Assad. Almeno 7 civili sono stati uccisi negli scontri tra oppositori e forze di sicurezza nella regione meridionale di Daraa e a Homs, a nord di Damasco. Sul piano diplomatico, l’Unione europea assicura che entro sabato prossimo saranno formalizzate le sanzioni contro la Siria in ambito petrolifero. Intanto, Amnesty International ha pubblicato un rapporto che elenca oltre 1.800 vittime e denuncia la gravissima condizione di detenzione degli oppositori. Stefano Leszczynski ha intervistato Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International–Italia.RealAudioMP3

R. - L’elenco con nomi e cognomi dei manifestanti assassinati a partire da marzo è arrivato a 1.800. Poi, la denuncia di oggi fa riferimento a torture mortali avvenute nelle prigioni siriane; c’è il dettaglio di 88 casi, il tutto in un clima di impunità e nell'assenza di un'azione della comunità internazionale.

D. - Come mai questa impotenza della comunità internazionale di fronte a un caso drammatico come quello della Siria?

R. - Quello che dicono gli analisti, in modo naturalmente distaccato, è che se in Libia c’era e c’è il petrolio e Gheddafi era una fonte di instabilità, in Siria il petrolio non c’è e Assad è una fonte di stabilità.

D. - Esportazione di armi e depositi finanziari: quali sono i Paesi che hanno interessi in Siria in questo senso?

R. - Se vediamo qual è l’operato all’interno del Consiglio di sicurezza e scopriamo che ogni volta che si cerca di fare qualcosa ci sono Russia e Cina che bloccano, è evidente che questi due Paesi hanno relazioni dirette col governo della Siria, anche per una eredità di natura politica e di alleanza politica con il regime di Damasco. In generale, la Siria è un Paese con il quale si fanno pochi affari, ma c’è una sensibilità politica nel lasciar fare il regime del presidente Assad per paura di un effetto domino che intacchi la stabilità della regione.

D. - Tra l’altro la repressione in Siria ha provocato anche fortissimi flussi di rifugiati che hanno coinvolto tutti i Paesi confinanti?

R. - Noi abbiamo intervistato alla frontiera del Libano, alla frontiera della Turchia - giacché ad Amnesty International non è consentito entrare in Siria - una percentuale notevole delle migliaia di profughi che hanno lasciato il Paese, alcuni dei quali sono arrivati con molta fortuna oltre confine perché sono stati seguiti dai cecchini che sparavano alle loro spalle fino a quando non hanno attraversato la frontiera. Naturalmente, Turchia e Libano hanno dato ospitalità ma con tutte le difficoltà legate al fatto che questi Paesi non hanno né una tradizione, né attrezzature per poter gestire grandi flussi di profughi.

D. - La situazione siriana è drammatica adesso ma in passato è stata altrettanto difficile per gli oppositori al regime?

R. - Dura da decenni. Quello che fa impressione e che abbiamo denunciato oggi in questo nuovo rapporto è che se negli anni passati si segnalavano circa cinque decessi in carcere ogni anno, in pochi mesi, da aprile all’agosto di quest’anno, Amnesty International ne ha riscontrati 88. Quindi evidentemente c’è un’escalation molto preoccupante di violazioni dei diritti umani. (bf)







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