Udienza generale. Il Papa: l’arte è una porta aperta verso l’infinito, via che conduce
a Dio, Bellezza suprema
L’arte è come “un raggio di bellezza” che può indurre l’animo a percepire la “Bellezza
suprema”, cioè Dio. Lo ha affermato Benedetto XVI, che ha dedicato a questo tema l’udienza
generale di stamattina, presieduta in una gremitissima Piazza della Libertà, antistante
al Palazzo apostolico di Castel Gandolfo. Visitare le città d’arte, ha suggerito il
Papa, può essere dunque un modo per alimentare non solo la cultura ma anche la fede.
Il servizio di Alessandro De Carolis:
Un verso
poetico particolarmente profondo, un ammasso di materia magistralmente lavorato, un
pentagramma sul quale le note fluiscono con un andamento che fa vibrare le corde profonde
del cuore. Il genio artistico, qualsiasi sia la sua forma in cui si esprime, può consentire
di sperimentare, ha detto il Papa, “un’intima emozione, un senso di gioia”…
“…di
percepire, cioè, chiaramente che di fronte a voi non c’era soltanto materia, un pezzo
di marmo o di bronzo, una tela dipinta, un insieme di lettere o un cumulo di suoni,
ma qualcosa di più grande, qualcosa che 'parla', capace di toccare il cuore, di comunicare
un messaggio, di elevare l’animo”.
Un’opera d’arte dunque, ha proseguito
Benedetto XVI, “è il frutto della capacità creativa dell’essere umano, che si interroga
davanti alla realtà visibile, cerca di scoprirne il senso profondo e di comunicarlo
attraverso il linguaggio delle forme, dei colori, dei suoni”:
“L’arte
è capace di esprimere e rendere visibile il bisogno dell’uomo di andare oltre ciò
che si vede, manifesta la sete e la ricerca dell’infinito. Anzi, è come una porta
aperta verso l’infinito, verso una bellezza e una verità che vanno al di là del quotidiano.
E un’opera d’arte può aprire gli occhi della mente e del cuore, sospingendoci verso
l’alto”.
Quell’“alto” cui tende la bellezza artistica può condurre,
ha affermato il Papa, a Dio, “Bellezza suprema”. Lo può, ad esempio, l’architettura,
come quella gotica o romanica: la prima con le sue “linee verticali” che spingono
al cielo; la seconda – ha osservato Benedetto XVI – che invita “in modo spontaneo
al raccoglimento e alla preghiera”. Oppure lo può la musica, quando ha la potenza
di dilatare il cuore verso Dio:
“Mi torna in mente un concerto di
musiche di Johann Sebastian Bach, a Monaco di Baviera, diretto da Leonard Bernstein.
Al termine dell’ultimo brano, una delle Cantate, sentii, non per ragionamento, ma
nel profondo del cuore, che ciò che avevo ascoltato mi aveva trasmesso verità, verità
del sommo compositore, e mi spingeva a ringraziare Dio. Accanto a me c'era il vescovo
luterano di Monaco e spontaneamente gli dissi: ‘Sentendo questo si capisce: è vero;
è vera la fede così forte, e la bellezza che esprime irresistibilmente la presenza
della verità di Dio’”.
Il Papa ha concluso la sua riflessione ricordando
pensieri ed esperienze di grandi artisti del passato. La celebre frase del pittore
Marc Chagall, per il quale “i pittori per secoli hanno intinto il loro pennello in
quell’alfabeto colorato che è la Bibbia”. O il moto interiore del poeta laico, Paul
Claudel, il quale ascoltando il canto del Magnificat durante la Messa di Natale del
1886, “avvertì – ha detto il Pontefice – la presenza di Dio”. Esempi che aiutano a
tener presente che le tante bellezze artistiche sparse nel mondo possono stimolare
anche la preghiera e il rapporto con Dio:
“La visita ai luoghi d’arte,
allora, non sia solo occasione di arricchimento culturale - anche questo - ma soprattutto
possa diventare un momento di grazia, di stimolo per rafforzare il nostro legame e
il nostro dialogo con il Signore, per fermarsi a contemplare - nel passaggio dalla
semplice realtà esteriore alla realtà più profonda che esprime - il raggio di bellezza
che ci colpisce, che quasi ci ‘ferisce’ nell’intimo e ci invita a salire verso Dio”.
Undici
le lingue nelle quali Benedetto XVI ha salutato i gruppi presenti all’udienza, presieduta
in questa occasione nella Piazza antistante il Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo,
affollata ben oltre le circa 4 mila persone di cui è capace il cortile pontificio.
Tra i saluti, uno in particolare è stato indirizzato dal Papa ai vescovi amici della
Comunità di Sant’Egidio.