Libia: stretta dei ribelli su Sirte mentre prosegue la caccia a Gheddafi
In Libia si stringe il cerchio sulla città lealista di Sirte, mentre prosegue la caccia
a Gheddafi e ai membri della sua famiglia, alcuni dei quali hanno trovato rifugio
in Algeria, ma solo come transito verso un terzo Paese. Il servizio di Marco Guerra:
“Abbiamo
dato un termine fino a sabato a Sirte e alle altre città fedeli a Gheddafi perchè
si arrendano”. Così il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio, Mustafa Abdel
Jalil, mentre sulla città natale del rais proseguono i bombardamenti della Nato, che
dichiara di aver distrutto le armi pesanti a difesa dell’abitato, e gli insorti trattano
con i capi tribù nell'intento di concordare una resa pacifica. E proprio nei pressi
di Sirte si ipotizza possa nascondersi il Colonnello, sulla sorte del quale, tuttavia,
si registra la solita ridda di annunci e smentite: i più lo danno a Bani Walid,
100 km a sud-est di Tripoli, assieme ai figli Saadi e Saif. Altre fonti parlano di
una fuga a Sabha, roccaforte lealista nel sud del Paese. Un altro figlio
di Gheddafi, Khamis, il capo della 32.ma brigata, sarebbe invece stato ucciso insieme
al responsabile dei servizi del regime da un elicottero britannico. Mentre la moglie
Safia e la figlia Aisha, che oggi ha dato alla luce un figlio, e altre 31 persone
appartenenti al clan Gheddafi ieri hanno attraversato il confine libico per fuggire
in Algeria, provocando le accese proteste del Cnt che ha definito “l’accoglienza dei
parenti del rais un atto di aggressione”. Dal canto loro, le autorità algerine parlano
di lasciapassare umanitario per far partorire Aisha Gheddafi ed hanno spiegato che
i familiari dell’ex leader libico sono solo in transito verso un Paese terzo. Intanto,
a Tripoli è massima allerta nel timore di attacchi dei fedelissimi del regime in concomitanza
della fine del Ramadan. La popolazione è stata invitata a non recarsi in piazza per
la ricorrenza religiosa.
E nel Paese del Nord Africa sale il rischio di
un'epidemia sanitaria senza precedenti. Le agenzie umanitarie prevedono una carenza
di acqua nei prossimi giorni che porterebbe allo sviluppo di gravi malattie tra la
popolazione libica. E’ per questo che gli esperti stanno collaborando attivamente
con le autorità libiche per facilitare una valutazione sulle condizioni dei pozzi
d’acqua. Intanto, in questi giorni l’Unicef ha distribuito più di 100mila bottiglie
di acqua potabile nell’area di Tripoli. Camilla Spinelli ha parlato con Roberto
Salvan, direttore Unicef Italia:
R. - La situazione
è estremamente grave, perché i bombardamenti hanno fatto saltare l’acquedotto e in
modo particolare proprio la carenza di combustibile impedisce il buon funzionamento
delle pompe. Quindi il problema dell’acqua potabile è diventato, oltre alla scarsità
di medicinali, il problema numero proprio per l’area intorno a Tripoli.
D.
- Cosa sta facendo l’Unicef nella zona?
R. - In questi giorni distribuiremo
cinque milioni di litri di acqua potabile a Tripoli e l’area intorno a Tripoli, in
attesa dell’arrivo di carburante e di una valutazione più corretta del funzionamento
dell’acquedotto.
D. - Di solito - purtroppo - i più colpiti sono donne
e bambini…
R. - Prevalentemente sì sono donne e bambini, che non partecipano
ai combattimenti, che sono chiusi dentro casa e che subiscono il rischio di questo
conflitto, che ci auguriamo possa terminare quanto prima, perché oltre alle ferite
fisiche c’è un problema anche di tipo psicologico: tutte le scuole, per esempio, sono
chiuse e circa due milioni di bambini hanno perso un intero anno scolastico e questa
diventerà una ferita che solo con il tempo si potrà rimarginare.
D.
- Parallelamente a questo, state portando avanti anche altre campagne di aiuto in
Libia?
R. - Certamente. Stiamo lavorando anche sulle vaccinazioni e
abbiamo fornito - sin dall’inizio della crisi - vaccini contro la polio, la pertosse
e la dissenteria. E questo perché il sistema sanitario libico non era sufficientemente
organizzato per poter distribuire in modo corretto queste vaccinazioni, che diventavano
fondamentali soprattutto nei cinque anni di vita dei bambini.
D. -
Secondo lei, quale sarà lo scenario futuro, da qui alle prossime settimane?
R.
- Noi ci auguriamo che il conflitto termini quanto prima. Ma bisognerà, poi, sanare
le zone in cui ci sono stati i combattimenti per il rischio di ordigni inesplosi e
campi minati, affinché questo non diventi ulteriore conseguenza - estremamente pericolosa
- per i bambini. (mg)