Libia. Gheddafi apre al dialogo ma gli insorti dicono "no"
Gheddafi si troverebbe ancora in Libia e sarebbe disposto a negoziare, ma il Consiglio
nazionale transitorio si sente vicino alla vittoria finale e chiude a ogni trattativa
intimando alle truppe lealiste di arrendersi. Roberta Barbi ha raggiunto al
telefono il giornalista freelance Cristiano Tinazzi per un aggiornamento sulla
situazione a Tripoli che oggi appare tranquilla dopo una nottata in cui sono continuati
gli scontri:
R. - Buona
parte della città è sotto il controllo dei ribelli, il che non vuol dire che nella
notte non possano verificarsi attentati e sparatorie, però rimane solo una piccola
sacca di resistenza. La situazione, comunque, è ancora di incertezza: la gente non
esce tanto, i negozi sono ancora tutti chiusi, manca l’acqua e la corrente va a fasi
alterne. Ieri notte la città, vederla completamente al buio e deserta, era spettrale. D.
- Gli insorti affermano oggi di aver preso Ben Jawad, l’ultima roccaforte lealista,
nel corso della loro avanzata verso Sirte, che tra l’altro è la città natale di Gheddafi…
R.
- Bisogna vedere se le anticipazioni citate vengono confermate. In ogni caso ormai
si dirigeranno verso Sirte. La Nato sta cercando di chiudere la partita entro settembre,
sta adottando ogni mezzo per spianare la strada ai ribelli, cosa che ha fatto fin
dall’inizio del conflitto, però nell’ultimo mese ha accelerato perché la situazione
di stallo non permette una via d’uscita da questa situazione. Rimane il sud del Paese
ancora sotto controllo lealista, ma ormai si può dire che non c’è possibilità di ulteriori
resistenze, è solo questione di giorni. Il problema non è tanto conquistare le zone,
ma, poi, garantire sicurezza e pacificazione.
D. - Alcune agenzie riferiscono
l’intenzione del raìs di discutere con i ribelli della formazione di un governo di
transizione, ma il Consiglio nazionale dei ribelli rifiuta...
R. – In
questo momento il Consiglio nazionale transitorio di Bengasi non ha nessuna intenzione
di scendere a patti con quello che ormai rimane del governo. Certo è che nella fase
di transizione sarebbe utile e buono per tutta la popolazione che ci fosse una sorta
di collaborazione tra le due parti perché una parte della popolazione è in qualche
modo rimasta legata al rais sia per questioni tribali, sia per questioni di interessi
economici e anche per questioni lavorative.
D. - Purtroppo proseguono
anche gli episodi raccapriccianti: si parla di 170 prigionieri uccisi e i loro cadaveri
bruciati dai lealisti in fuga vicino alla sede della 32esima brigata conquistata dai
ribelli a Tripoli…
R. – È l’ennesimo fatto e probabilmente non sarà
l’ultimo. Ieri notte sono stato all’aeroporto militare e, in parte civile, dove c’è
il grosso delle truppe di Gheddafi e qui hanno trovato cento cadaveri bruciati.
D.
- A preoccupare, poi c’è sempre la condizione del popolo libico. Per la prima volta
il Consiglio nazionale transitorio ha parlato di “emergenza umanitaria”, mentre anche
la Lega araba ha chiesto ufficialmente lo scongelamento dei beni statali della Libia:
com’è la situazione?
R. – La situazione è che i negozi non sono aperti,
non si trova quasi niente in città. Il problema non è ancora a livello di emergenza
umanitaria perché il cibo si trova in giro; sicuramente i prezzi si saranno quadruplicati,
c’è difficoltà al livello di emergenza sanitaria e per quello che secondo me è più
importante: cioè l’acqua, con un caldo come questo. Ci sono tonnellate di spazzatura
nelle strade e negli ultimi due giorni stanno cercando di ripulire le strade, però
bruciano questa spazzatura direttamente nei cassoni, creando, quindi, altro inquinamento.
È una situazione che, se non viene risolta, potrebbe degenerare. (bf)