Ancora un cambiamento ai vertici politici del Giappone, a meno di sei mesi dal sisma/tsunami
dell'11 marzo e dall'emergenza nucleare di Fukushima. Il premier Naoto Kan si è dimesso
da presidente del Partito Democratico e al più tardi martedì lascerà anche la guida
del governo, aprendo la strada al sesto primo ministro in 5 anni. Già domani la formazione
di centro sinistra sceglierà il nuovo leader, che diverrà il prossimo capo dell’esecutivo.
Sui motivi che hanno spinto Naoto Kan alle dimissioni, Giada Aquilino ha raccolto
il commento di Francesco Sisci, esperto di questioni asiatiche ed editorialista
del Sole 24 Ore:
R. – E’ stato
un insieme di cose, a seguito dello tsunami e soprattutto del disastro nucleare a
Fukushima. A questo poi si è aggiunta l’incapacità e la difficoltà del Giappone ad
affrontare l’emergenza economica; da una parte perché l’economia non riesce ancora
a girare dopo Fukushima e a seguito della crisi internazionale e dall’altra l’ultima
goccia è stata il declassamento del rating internazionale del Giappone.
D.
– Secondo la stampa internazionale, il nuovo premier dovrà occuparsi della ricostruzione
più impegnativa dal dopoguerra ad oggi…
R. – Dipenderà molto da chi
sarà l’uomo e quale sarà la direzione di marcia. In realtà il Giappone nel dopoguerra
aveva una direzione di marcia chiara, cioè quella di emulare e seguire il modello
americano. Oggi non sa se doversi schierare più con l’America o, viceversa, col nuovo
mondo asiatico che s’incentra sulla Cina, o ancora se e come trovare un equilibrio
tra questi due poli.
D. – Ad incidere sulla crisi sono anche le divisioni
in politica interna?
R. - Sulla politica interna si tratta di capire
cosa fare dell’enorme debito pubblico giapponese che ormai ha sorpassato il 200 per
cento del pil. Da una parte è vero che questo debito pubblico non è gravissimo perché
per il 95 per cento è posseduto dagli stessi giapponesi, però dall’altra gli oneri
finanziari sono giganteschi. Bisogna quindi capire cosa fare, se pensare a una privatizzazione
sistematica degli asset statali o viceversa perpetuare e rinnovare il sistema di controllo
incrociato di aziende sostanzialmente statali.
D. – Si può prevedere
tra i vari candidati in lizza chi verrà scelto come guida del partito e capo del governo?
R.
– Tra i nomi che circolano, uno è il ministro degli Esteri, Seiji Maehara,
il quale propone una linea politica decisamente filoamericana e anticinese. Un altro
candidato importante è l’attuale ministro delle Finanze, Yoshihiko Noda,
il quale è considerato un uomo che propone una politica fiscale conservatrice. Un
altro è il titolare di Economia, commercio e industria, Banri Kaieda,
il quale però è al centro di polemiche per il ruolo che avrebbe avuto nel coprire
l’incidente di Fukushima. Poi ci potrebbero anche essere altri nomi, ma io direi che
non è una questione di uomini, bensì di scelte politiche profonde per il Giappone.
(bf)