Neonati contagiati dalla Tbc al Gemelli: saliti a 16 i casi
Proseguono al Policlinico Gemelli di Roma i controlli sui bambini che potrebbero essere
stati contagiati dalla tubercolosi. I casi sono saliti ieri a 16: si tratta di neonati
entrati in contatto con un’infermiera poi risultata positiva al test della Tbc. Eliana
Astorri ne ha parlato con il prof. Giovanni Fadda, direttore del Laboratorio
di Referenza per la tubercolosi per la Regione Lazio e del Dipartimento di diagnostica
morfologica al Gemelli:
D. – Professore,
per rassicurare i genitori dei bambini che potrebbero essere stati a contatto con
l’infermiera, cosa può dire loro?
R. – Questi neonati che hanno fatto
il controllo e hanno il quantiferon negativo, devono stare tranquilli, perché non
succede niente. Ma per quelli che risultassero positivi al quantiferon, il fatto che
facciano la profilassi garantisce la loro salute anche in futuro.
D.
– I bambini che sono risultati positivi al test come verranno trattati?
R.
– I bambini che risulteranno positivi al test e che quindi hanno contratto una tubercolosi
latente – non una malattia, badi bene: sono stati contagiati ma non sono ammalati
…
D. - … tranne una …
R. - … tranne una, quindi per quelli
che non sono ammalati, e che sono la massima parte, si procede con una profilassi
attraverso l’utilizzo di un farmaco che deve essere usato per sei mesi. Perché si
fa la profilassi? Perché in questi bambini, che sono stati contagiati ed hanno il
test positivo al quantiferon, il trattamento profilattico con isoniazide distrugge
i batteri presenti nell’organismo e questo bambino sarà praticamente più sicuro nell’arco
della sua esistenza: non succederà più nulla, perché anche la tubercolosi latente
in qualche modo viene spenta.
D. – Ma oggi, i bambini vengono vaccinati?
R.
– Nei Paesi a bassa endemia – come l’Italia – la vaccinazione non è prevista se non
in casi eccezionali.
D. – Le persone che però svolgono il loro lavoro
negli ospedali devono essere vaccinate…
R. – Non c’è l’obbligo di farlo;
lo si fa, ma non serve a niente!
D. – Non è efficace questo vaccino?
R.
– Non è efficace o è efficace in maniera parziale, e quindi non è utile. Per cui,
la vaccinazione la si fa soltanto nelle prime fasi di vita, quando vuole essere utile
per qualche cosa. Anche chi è vaccinato e viene a contatto con questo microrganismo
può sviluppare la malattia. Allora, il problema per la tubercolosi è che quando il
microrganismo, che è il mycrobacterium tuberculosis, arriva ad infettare, l’infezione
avviene attraverso un contagio con una persona malata, per cui le persone malate che
hanno una tubercolosi polmonare aperta e produttiva infettano – possono infettare
– quelle persone che in qualche modo vengono a contatto con loro. E’ una trasmissione
per via aerea in quanto il paziente che ha una tubercolosi attiva, negli atti della
respirazione, parlare, chiacchierare, starnutire, tossire emettono all’esterno queste
goccioline di saliva che possono contenere al loro interno il microrganismo responsabile
dell’infezione. Tuttavia, quando avviene questo contagio, nel 50 per cento dei casi
non succede niente.
D. – Quindi, essere contagiati non vuol dire ammalarsi?
R.
– Non vuol dire ammalarsi. Nel 50 per cento dei casi, non succede niente. Nell’altro
50 per cento dei casi, per la maggior parte si può instaurare una tubercolosi latente,
che significa che quel paziente possiede al suo interno questo microrganismo, anche
se la presenza di questo microrganismo non produce nessuna sintomatologia conclamata.
Nell’arco della vita dell’individuo che ha una tubercolosi latente, per motivi che
riguardano soprattutto l’abbassamento delle difese immunitarie, questo microrganismo
può riattivarsi e si può sviluppare una malattia reale. Questa possibilità accade
anche a distanza di decenni dal momento in cui si è avuto il contagio. Quindi, chi
è contagiato da tubercolosi ed ha una tubercolosi latente, non ha una malattia ma
ha la presenza del microrganismo che si evidenzia con i test alla tubercolina o con
quantiferon, come stiamo facendo adesso. (gf)