2011-08-26 15:05:13

La Chiesa in Sri Lanka: indagare sulla scomparsa di numerosi cattolici durante la guerra civile


Indagare sulla scomparsa di sacerdoti e laici cattolici durante la guerra civile in Sri Lanka: è quanto chiede la Chiesa cattolica del Paese al governo di Colombo. Infatti, nonostante il conflitto tra l’esercito regolare ed i ribelli delle Tigri Tamil si sia concluso ufficialmente nel maggio 2009, dopo 30 anni di tensioni, migliaia di persone risultano ancora scomparse senza spiegazioni. Per questo, i responsabili cattolici, ma anche quelli cristiani, chiedono all’esecutivo di “fare giustizia”, indagando sui casi ancora irrisolti. Non è la prima volta che viene avanzata una simile richiesta: la Chiesa cattolica, infatti, ha pagato un contributo pesante al conflitto attraverso i tanti sacerdoti e laici uccisi mentre operavano a servizio della comunità e quindi rinnova regolarmente il suo richiamo perché sia fatta luce. L’ultimo appello è stato lanciato sabato scorso, 20 agosto, durante una Messa nella Chiesa dei Santi Pietro e Paolo di Mandaitivu, nella diocesi di Jaffna. La celebrazione era in memoria della scomparsa, avvenuta 5 anni fa, di padre Thiruchchelvan Nihal Jim Brown, 34 anni, e del suo assistente, il laico Wenceslaus Vincent Vimalathas, 38 anni. Definito “un sacerdote completamente devoto ai suoi parrocchiani” ed un uomo “al servizio della pace e della riconciliazione”, padre Jim era stato nominato parroco della Chiesa di San Filippo Neri ad Allaipiddy soltanto dieci giorni prima della sua scomparsa. Secondo gli attivisti locali per i diritti umani, il sacerdote era stato accusato dalle autorità militari di sostenere i ribelli tamil, poiché durante un bombardamento su Allaipiddy, avvenuto il 13 agosto del 2006, padre Jim aveva accolto nella sua Chiesa le persone in fuga dai villaggi e in cerca di riparo. Attualmente, la responsabilità dell’attacco non è ancora stata chiarita, ma già all’epoca dei fatti, la Chiesa cattolica aveva lamentato l’inerzia delle forze di sicurezza nel condurre le indagini e nel dicembre 2007 il vescovo di Jaffna, mons. Thomas Savundaranayagam, aveva criticato la scelta di affidare l’inchiesta a personale militare che non parlava la lingua tamil. Parallelamente a questa situazione, inoltre, i vescovi dello Sri Lanka denunciano le aggressioni e le minacce che i membri della Chiesa subiscono regolarmente, così come le violazioni dei diritti umani, la “conversione forzata” al buddismo delle popolazioni non cingalesi e l’occupazione militare, oggi ingiustificata, dei territori del nord del Paese dove regna, dicono i presuli, “un clima di terrore permanente”. Intanto, proprio oggi il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha annunciato la decisione di revocare lo stato di emergenza, che esisteva nel Paese asiatico dal 1983. Ed entro la fine dell’anno, è prevista anche la revoca delle leggi di emergenza, in vigore dal 1971, che facilitano le modalità di arresto e di detenzione nel Paese. La decisione del presidente è stata accolta con favore anche dai partiti dell’opposizione. (I.P.)







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