Vegliate perché non sapete quando il Signore verrà: il Vangelo odierno negli insegnamenti
di Benedetto XVI
Il Vangelo della liturgia di oggi propone uno spunto di riflessione molte volte affrontato
da Benedetto XVI nelle sue meditazioni: quello dell’attesa di Cristo e della “veglia”
con la quale l’uomo è chiamato ad aspettarlo. “Vegliate – si legge nel brano evangelico
di Matteo – perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà (…) Perciò anche
voi tenetevi pronti perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo”.
In questo servizio, Alessandro De Carolis riprende alcune delle considerazioni
del Papa sull’argomento:
(musica)
C’è
un momento altamente drammatico nel Vangelo, leggendo il quale è difficile trattenere,
anche nutrendo una benevola disposizione di fede, un moto di riprovazione: è quando
Pietro, Giacomo e Giovanni, i tre discepoli “fidati”, quelli più vicini a Gesù, si
addormentano nel Getsemani a pochi metri dal Maestro, attanagliato da un’indicibile
angoscia. Ci si attenderebbe in quel caso la manifestazione della più stretta e affettuosa
solidarietà da parte degli amici più vicini. E invece disturba e stride con l’istintivo
sentimento della pietà quell’immagine di umana debolezza, la visione di quelle palpebre
tanto pesanti da non riuscire “a vegliare neppure un’ora” con l’amico e Maestro che
sta presagendo l’orrore di uno strazio terribile. Quel sonno che si dimentica di Cristo
simboleggia bene il rischio che corre chi pure a Lui ha donato la vita. Un oblio involontario
eppure insidioso, che richiede un atto di volontà uguale e contrario: rimanere svegli.
Non solo – come per i discepoli di duemila anni fa – per non abbandonare Gesù che
sta terminando la vita sulla terra. Ma soprattutto per non mancare all’appuntamento
con il suo nuovo ritorno, che non ha né data né ora:
“Vegliate!,
dice Gesù, poiché non sapete quando il padrone di casa ritornerà. La breve parabola
del padrone partito per un viaggio e dei servi incaricati di farne le veci pone in
evidenza quanto sia importante essere pronti ad accogliere il Signore quando, all’improvviso,
arriverà”. (Angelus, 27 novembre 2005)
La veglia intesa come attenzione
dell’anima alle cose della fede è tipicamente cristiana. E non è che essa vieti il
sonno. La parabola delle Vergini sapienti dimostra che ci si può tranquillamente addormentare
senza per questo annaspare impreparati al risveglio. La questione è un’altra, riguarda
l’impegno che questo tipo di “veglia” richiede. Ciò rende il tema uno dei meno “addomesticabili”,
perché mette il cristiano – anche quello che vorrebbe non pensarci – davanti alla
serietà di un inevitabile momento:
“'Vegliate!' E’ rivolto ai discepoli,
ma anche ‘a tutti’, perché ciascuno, nell’ora che solo Dio conosce, sarà chiamato
a rendere conto della propria esistenza." (Angelus, 30 novembre 2008)
Ogni
singola Santa e ogni singolo Santo sono esempi di una vita trascorsa vegliando, per
cui la soglia di attenzione della fede di queste grandi anime ha permesso alla fantasia
della carità di trovare mille strade per amare Dio e l’umanità che avevano accanto.
Il loro essere desti, attenti al loro Maestro, riporta allora al Getsemani, a quella
lotta fra oblio e veglia che coinvolge ogni battezzato:
“Ancora oggi
il Signore dice a noi: ‘Restate e vegliate con me e vediamo come anche noi, i discepoli,
dormiamo spesso’. Sentiamo in questo giorno la Parola del Signore: ‘Restate e vegliate
con me’”. (Udienza generale, 12 aprile 2006)
Un Santo dei nostri
tempi, tornato da pochi anni alla Casa del Padre, aveva fatto di questo invito di
Gesù un itinerario personale a partire dal momento in cui la sua vita lo aveva portato
a essere capo della Chiesa. È il 1979 quando Giovanni Paolo II comincia a scrivere
le parole del suo testamento – in seguito rimaneggiato – e che 26 anni dopo, al momento
della morte, verrà reso noto al mondo nella sua forma ultima. Parole che sono un bellissimo
atto di affidamento al cielo di un uomo che presto aiuterà la terra a essere migliore:
“'Vegliate,
perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà': queste parole mi ricordano
l’ultima chiamata, che avverrà nel momento in cui il Signore vorrà. Desidero seguirLo
e desidero che tutto ciò che fa parte della mia vita terrena mi prepari a questo momento.
Non so quando esso verrà, ma come tutto, anche questo momento depongo nelle mani della
Madre del mio Maestro: Totus Tuus. (Messa nel trigesimo della morte di Giovanni paolo
II, 2 maggio 2005)