Libia. 20mila morti dall'inizio del conflitto. Gheddafi resiste
In Libia. È caccia a Gheddafi, che secondo i ribelli sarebbe nascosto a Tripoli insieme
ai figli all’interno di un gruppo di edifici da ore accerchiato dagli insorti. E il
rais lancia un nuovo appello esortando i libici a “purificare” la capitale. Il Colonnello
sarebbe in Libia anche secondo il portavoce del regime, Moussa Ibrahim. Intanto sono
liberi i quattro giornalisti italiani rapiti ieri dai lealisti; si trovano nell'Hotel
Corinthia della capitale, oggetto però di violenze e sparatorie. Oltre 20 mila i morti
dall’inizio degli scontri, ha annunciato il presidente del Consiglio Nazionale Transitorio
libico Jalil. Stamattina a Milano, l’incontro tra il premier del Cnt Jibril e il presidente
del consiglio Berlusconi. Linda Giannattasio:
Sentiamo
ora le prime impressioni di Elisabetta Rosaspina del Corriere della Sera e
Domenico Quirico della Stampa, subito dopo la liberazione, prese dal sito internet
di Repubblica:
Elisabetta Rosaspina: R.
– Noi stiamo bene. Il nostro autista, però, è stato assassinato e questa è la cosa
peggiore. Era una persona che stava lavorando per noi e che purtroppo non tornerà
più. Era un’ottima persona, si è preso dei rischi e li ha presi per noi. E’ successo
che ci siamo trovato in un’area che, evidentemente, non era sotto controllo.
Domenico
Quirico: R. – E’ andata bene, nel senso che alla fine siamo stati liberati da due
ragazzi che ci hanno tenuto in custodia durante l’intera giornata. A parte l’inizio,
che è stato alquanto complicato, poi man mano le cose sono andate meglio e poi, questa
mattina, ci hanno portato via ed ora siamo qua. (vv)
Grande gioia dunque per
la liberazione dei quattro. Cecilia Seppia ha raccolto la testimonianza di
Fabio Carminati, responsabile Esteri di Avvenire, il primo che ieri, dopo il
rapimento è riuscito a mettersi in contatto con Claudio Monici inviato del quotidiano
cattolico:
“Claudio ha
chiamato intorno a mezzogiorno. Stava cominciando al riunione di redazione ma è andato
subito in vivavoce e subito c’è stato l’applauso dei colleghi. Lui è un tipo molto
schivo e, secondo me, c’è rimasto anche quasi male. Ci ha raccontato che era appena
finita e il suo primo pensiero è andato all’autista, che conoscevano e che è stato
ucciso sotto i suoi occhi, anche perché lui gli era seduto accanto quando sono stati
fermati. Era molto emozionato, scosso. Come gli altri suoi colleghi non aveva più
nulla – né computer e né telefoni – e si chiedeva come fare, oggi, a poter lavorare
e raccontare quello che è successo. La notizia più importante, però, è che stava bene.
Aveva già parlato con sua madre ed era tranquillo”.
Situazione caotica dunque
in Libia, con continui cambi di fronte, nonostante la conquista di gran parte di Tripoli
da parte degli insorti. Ma per una testimonianza sulla situazione sul terreno, Marco
Guerra raggiunto telefonicamente nella capitale libica il giornalista, Cristiano
Tinazzi:
R. – Le forze
ribelli hanno preso il controllo di almeno l’80 per cento della città e oggi sarebbero
penetrate all’interno di Abu Salim. Stanno trattando con i soldati lealisti rimasti
all’interno del quartiere e anche con i civili che sono per la maggior parte filo-Gheddafi.
Si trovano all’interno di questo popoloso quartiere. Stanno cercando di evitare uno
spargimento di sangue. Prima si sono sentite esplosioni e colpi di cannone, quindi
i combattimenti ci sono stati. La situazione a Tripoli è quella di una città deserta
in questi giorni, i negozi sono chiusi e si sta avendo difficoltà per trovare acqua
e cibo. Non c’è un’emergenza umanitaria però la popolazione al momento non si fa vedere.
D.
– A tal proposito, sui media occidentali non si vedono più piazze festanti dei primi
giorni… Che atteggiamento stanno tenendo i civili?
R. – A parte i quartieri
che storicamente sono ribelli, come nel quartiere dove mi trovo io, che è Suk el Juma,
dove sono sempre stati contro Gheddafi fin dagli anni ’70 e hanno sempre subito una
repressione pesantissima, quindi qui la gente ha un altro modo di vedere le cose,
in altri quartieri di Tripoli le persone stanno in casa, stanno aspettando, cercano
di capire chi sono i ribelli, perché la propaganda di Stato da questa parte aveva
dipinto i ribelli come mostri di al Qaeda e dall’altra parte si dipingevano i soldati
lealisti come diavoli. Queste due propagande stanno facendo il loro gioco. Adesso,
in questi giorni, sarà difficile evitare vendette ma è già successo nei quartieri
presi in mano dai ribelli. (bf)