Libia, Tripoli in mano ai ribelli. Giallo sulla sorte di Gheddafi
In primo piano la Libia. Tripoli, ancora nel caos, è ormai caduta e dopo 41 anni al
potere sembra essere il momento della fine per Muhammar Gheddafi. I ribelli dichiarano
di controllare il 90 per cento della città. Conquistata anche la tv di stato, che
ha interrotto le trasmissioni. Arrestati 3 figli del Raiss ma uno di loro, Mohammad,
è riuscito a scappare con l'aiuto dei lealisti. “Fermare ora conflitto per evitare
altro spargimento di sangue”, è l’appello del segretario generale dell'Onu Ban Ki
Moon, che ha convocato in settimana un vertice sulla Libia con i rappresentanti della
Lega Araba e dell'Unione africana. Giovedì a Istanbul riunione del gruppo di contatto.
Si moltiplicano, intanto, le voci sulla sorte del Colonnello: secondo fonti diplomatiche
sarebbe nascosto nel suo bunker di Bab al-Aziziyah. Si troverebbe a Tripoli anche
secondo il Pentagono, mentre stando alla tv Al Jazeera avrebbe raggiunto la Tunisia.
Linda Giannattasio:
A Paolo
Quercia, analista di politica internazionale e strategie militari, Stefano
Leszczynski ha chiesto quali siano stati gli elementi che hanno determinato questa
improvvisa svolta nel conflitto libico:
R. - La campagna
già è lunga, perché sono sei mesi che si combatte e molte delle risorse militari,
ma anche economiche con cui Gheddafi teneva insieme tribù e tutta una serie di sostegni
del suo regime, hanno iniziato a scarseggiare. Quindi c’è stato un logorio dovuto
alla lunghezza di questa campana. Certo che la presa di Tripoli dimostra un aumento
delle capacità militari e soprattutto della logistica, anche con sbarchi via mare,
sorprendenti per quello che i ribelli erano riusciti a fare negli scorsi mesi.
D.
- Preoccupa molto la presenza di mercenari al seguito dei ribelli: questo può essere
un elemento critico per il dopo-Gheddafi?
R. - Sì, estremamente critico perché
- ricordiamo - questa guerra ha avuto una sua legittimità proprio in virtù della necessità
di proteggere i civili dalle ritorsioni indiscriminate che l’esercito di Gheddafi
poneva in atto e speriamo che adesso la situazione rispetti le leggi sui prigionieri
di guerra e non vi siano vendette indiscriminate. Quello che si può temere è che le
tribù, che sono uno degli elementi costitutivi della società libica, approfitteranno
dell’anarchia e della caduta del governo per modificare i rapporti di forza tra tribù.
D.
- E’ possibile che questa accelerazione nel tentare di concludere al più presto il
conflitto libico sia legata ad un aggravarsi della situazione in Siria e quindi alla
necessità di volgere l’attenzione altrove?
R. - Sicuramente questo potrebbe
essere un elemento che ha determinato anche l’accelerazione. La Nato recentemente
aveva posto il 1.mo settembre come data per la fine delle proprie operazioni. Io credo
che l’aggravarsi della situazione siriana ha sicuramente contributo, ma io direi anche
una certa stanchezza nelle opinioni pubbliche che hanno sostenuto il conflitto, così
come scadenze elettorali che si avvicinano, anche quella francese; e ancora l’aspetto
economico perché la crisi e la recessione economica e la crisi finanziaria in Europa
dell’Euro hanno sicuramente indotto ad una accelerazione. La guerra è molto costosa
per le opinioni pubbliche che non vedono il beneficio di questi interventi. Anche
l’Italia ha avuto dei dibattiti su questo tema. Io credo che, tutto sommato, l’accelerazione
del conflitto sia stata positiva anche per questi aspetti. (mg)