Meeting di Rimini. Il messaggio del Papa e l'intervento di Napolitano. Mons. Lambiasi
e Vittadini: evento che rilancia la speranza
E’ Cristo risorto il fondamento ultimo e definitivo dell’esistenza, la certezza della
nostra speranza e i cristiani di oggi, più che mai, sono chiamati a testimoniarlo.
Questo il cuore del messaggio, a firma del segretario di Stato cardinale Tarcisio
Bertone, che il Papa ha inviato ai partecipanti al 32.mo Meeting per l’amicizia dei
popoli, in corso a Rimini. La lettura, all’inizio della Messa di apertura celebrata
dal vescovo della città, mons. Francesco Lambiasi. Il servizio della nostra inviata,
Gabriella Ceraso:
“E l’esistenza
diventa un’immensa certezza”: il tema scelto dal Meeting suscita profondi interrogativi,
dai quali partono i pensieri che il Papa consegna ai tanti che già oggi affollano
l’Auditorium principale della Fiera, con l’auspicio che, dice Benedetto XVI, siano
spunti di riflessione per l’intera settimana. Innanzitutto: cosa è l’esistenza? La
risposta è nell’etimologia latina, “ex-sistere”, spiega il Papa: essere cioè strutturalmente
dipendente, voluto da qualcuno, verso cui, quasi inconsapevolmente, si tende. E se
si ha coscienza di questa dimensione fondamentale dell’uomo, si ha anche la certezza
con cui affrontare l’esistenza: lo ripeteva il compianto Don Giussani, e il Papa lo
ricorda. Ma non basta il riconoscimento della propria origine per poter sperimentare
la positività dell’esistenza, per incidere nella storia e maturare nella personalità;
occorre entrare – prosegue Benedetto XVI – nell’amore di chi ci ha voluto, nella
sua prossimità e nella certezza della meta di bene cui l’uomo è chiamato. Ecco il
cuore del Meeting. L’uomo non può vivere senza una certezza sul proprio destino. E
allora, qual è la speranza che non delude? E’ Cristo risorto. In Lui, afferma il Papa,
il destino dell’uomo è stato strappato alla nebulosità che lo circondava, in Lui il
Padre ci ha svelato il futuro positivo che ci attende, in Lui l’esistenza diventa
una storia di salvezza in cui ogni circostanza è in rapporto con l’eternità. Senza
questa coscienza, sottolinea il Papa, il rischio è quello di cadere nel sensazionalismo
delle emozioni o della disperazione, in una ricerca affannosa di novità passeggere
e deludenti. I drammi del secolo scorso, ricorda il Papa, hanno dimostrato che quando
viene meno la certezza della fede e la speranza cristiana, l’uomo si smarrisce e diventa
vittima del potere, e inizia a chiedere la vita a chi non può darla. Di fronte a questo
scenario, l’appello finale è a noi, cristiani di oggi, più che mai siamo chiamati
a rendere ragione della speranza, a testimoniare nel mondo quell’oltre senza il quale
tutto rimane incomprensibile.
Di fronte alle difficoltà “bisogna parlare
il linguaggio della verità. Perché non provoca pessimismo”, ma “sollecita a reagire
con coraggio e lungimiranza”, perché si creino le condizioni di un rinnovato slancio
che attraversi la società in uno spirito di operosa sussidiarietà. Per questo, il
presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano - che ieri a Rimini ha aperto
la 32.ma edizione del Meeting per l’amicizia tra i Popoli - guarda con speranza, citando
Benedetto XVI, anche alle risorse che “scaturiscono dalla costante, fruttuosa ricerca
di giuste forme di collaborazione tra la comunità civile e quella religiosa”. Da Rimini,
ci riferisce il nostro inviato Luca Collodi.
Napolitano ha affrontato
i nodi della crisi economica che colpisce l’Italia e il mondo occidentale, come gli
Stati Uniti dove, ha osservato, vediamo come il radicalizzarsi dello spirito partigiano
e della contrapposizione tra schieramenti stia provocando danni assai gravi per l’America
e per il mondo”. Per uscire dalla crisi, serve ora “il coraggio della speranza, della
volontà e dell'impegno”:
“Impegno che non può venire o essere promosso
solo dallo Stato, ma che sia espresso dalle persone, dalle comunità locali, dai corpi
intermedi, secondo quella concezione e logica di sussidiarietà che ha fatto di una
straordinaria diffusione di attività imprenditoriali e sociali e di risposte ai bisogni
comuni costruite dal basso un motore decisivo per la ricostruzione e il cambiamento
del Paese”.
Il presidente della Repubblica italiana, interrotto più
volte da lunghi applausi, ha ribadito la complessità dell’attuale situazione.“Le difficoltà
sono serie, ha sottolineato, per molti aspetti non sono recenti, vengono dall’interno
della storia unitaria e repubblicana del Paese: "Possibile che
da un lato si sia esitato a riconoscere la criticità della nostra situazione e la
gravità effettiva delle questioni, perché le forze di maggioranza e di governo sono
state dominate dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato,
anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala
europea? Possibile che dall’altra parte delle forze di opposizione, ogni criticità
della condizione attuale del paese sia stata ricondotta a omissioni e colpe del governo,
della sua guida e della coalizione su cui si regge?".
Una svolta capace
di rilanciare la crescita e il ruolo dell’Italia implica riforme e il concreto funzionamento
della giustizia. Anche perché, ha detto con forza Napolitano, Costituzione alla mano,
“ripugna la condizione attuale delle carceri e dei detenuti”. Guardando poi alla manovra
economica in discussione al Parlamento,Napolitano ha affrontato il tema dell’evasione
fiscale.
"Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta a quell’evasione
di cui l’Italia ha ancora il triste primato, nonostante apprezzabili ma troppo graduali
e parziali risultati. E’ una stortura, dal punto di vista economico, legale e morale,
divenuta intollerabile, da colpire senza esitare a ricorrere ad alcuno dei mezzi di
accertamento e di intervento possibili".
Da Rimini Fiera, Luca Collodi,
collaborazione tecnica di Massimiliano d’Angelo.
E’ un messaggio
di speranza quello che vuole arrivare dal Meeting di Rimini, in un momento di crescenti
difficoltà, inquietudine e incertezze. E’ quanto ha sottolineato nella sua omelia
il vescovo di Rimini, mons. Francesco Lambiasi. Gabriella Ceraso lo
ha intervistato:
R. – La certezza
della fede non è una certezza che azzera le difficoltà del momento, ma le intercetta;
le affronta un po’ come l’attraversata dei Dodici in barca, sul mare in tempesta,
quella notte, quando Gesù è venuto camminando sulle acque. La barca della fede ci
permette di fare questa traversata; non ci è garantito un tempo facile, però possiamo
orientare le vele e questo ci permette di vivere anche il tempo dell’incertezza.
D.
– Proprio affrontando questo tema, il Meeting in un certo senso raccoglie il testimone
dalla Giornata mondiale della gioventù che si conclude oggi: “Radicati in Cristo e
nella fede”. Il Papa lo ha ripetuto non solo ai giovani. Quindi è nell’amicizia profonda
con Gesù che l’uomo si risolve. Lei è stato a Madrid, ha vissuto con i giovani: i
giovani hanno – a suo parere – raccolto profondamente questo messaggio del Papa?
R.
– Mi pare senz’altro di poter dire di sì, perché io ho incontrato giovani che hanno
saputo affrontare i vari disagi con una grinta, con un entusiasmo, direi, che mi fa
pensare che con altrettanto entusiasmo ed altrettanta grinta sapranno affrontare anche
le difficoltà della vita, tenendo presente che sono giovani e che quindi la prima
responsabilità tocca a noi adulti. Il Papa sta facendo la sua parte e tocca agli adulti
accompagnare questi giovani, non smorzare questa fiamma che si è accesa.
D.
– Un’altra parola-chiave di questo Meeting è “unità”, è “coesione”. Il capo dello
Stato viene a rappresentarla, questa unità intorno a valori comuni e coesione per
il bene comune. Il mondo cattolico può – a suo parere – contribuire a questo? E anche,
in questo senso, dal Meeting quale testimonianza, quale contributo può venire?
R.
– Non possiamo non essere cattolici uniti attorno a Cristo e al suo Vicario, al Papa,
e questo ci permette quindi di mantenere il dialogo anche quando si può essere su
sponde diverse. In tutto, ci dev’essere la carità; nelle cose essenziali l’unità,
nelle cose dubbie una legittima diversità, ma in tutto – sia nelle prime, sia nelle
seconde – ci dev’essere la carità. (gf)
Il tema del Meeting di Rimini di
quest’anno vuole dunque essere un invito a reagire in modo positivo all’attuale crisi
internazionale, come spiega Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione
per la Sussidiarietà, tra gli esponenti storici di Comunione e Liberazione. L’intervista
è di Luca Collodi:
R. -
E infatti vuole dare un messaggio positivo: la società italiana ed europea hanno affrontato
crisi - come quella di adesso - partendo dalla forza della persona, dalla persona
capace di aggregarsi, dall’ideale, dalle fedi, dalla fede, dalle visioni religiose.
Quindi se vuole uscire da questa situazione deve ripartire da qui, perché anche per
fare sacrifici occorre una forza ideale: tirando semplicemente di qua e di là, anche
per le doverose scelte economiche di tagli ed altro, non ce la si fa. Ce la si fa
se riprende lo sviluppo e lo sviluppo è legato alla capacità della persona di accettare
sacrifici, di impegnarsi e di creare. Questo è il messaggio del Meeting e infatti
il titolo “E l’esistenza divenne un'immensa certezza” questo vuole dire, partendo
dalla fede, la capacità di stare sulla realtà, senza farsi fagocitare dalle condizioni
difficili.
D. - Il Meeting ricorda i 150 anni di sussidiarietà, alla
presenza del capo dello Stato, il presidente Napolitano…
R. - Quello
che abbiamo scoperto facendo questa mostra e che ci ha impressionato sono le gravi
crisi che ha affrontato l’Italia: le conoscevamo, ma ricostruendo per questa mostra
la storia d’Italia, ho visto la grandissima capacità di cambiamento dal basso che
ha avuto il popolo italiano, il movimento cattolico, il movimento operaio, la resistenza
di una realtà popolare sotto il fascismo, la capacità di sacrificio dopo le guerre,
il boom economico… Ecco, quello che manca alla politica è la capacità di valorizzare
queste forze: sentire, prima di tutto, l’educazione come la prima emergenza e secondo,
valorizzare queste forze e soprattutto i giovani.
D. - Il Meeting tornerà
a sottolineare l’importanza della presenza dei cristiani in politica: presenza che
oggi, però, sembra un po’ in sordina…
R. - C’è nella misura in cui i
cristiani vivono una loro fede, sono capaci di costruire opere e la politica è legata
a questa realtà di opere e di presenze sociali e corpi intermedi. Se i cristiani si
disperdono in diverse forze, perdendo la loro reperibilità, è chiaro che diventano
sordina: parafrasando il Vangelo, è un “sale che perde il suo sapore”.
D.
- Che differenza c’è fra i giovani che vengono al Meeting e i giovani che stanno partecipando
alla Giornata mondiale della gioventù?
R. - Penso che non ci sia nessuna
differenza: sono lo stesso popolo. Il popolo che viene al Meeting appartiene ad una
parte di questo popolo mondiale di gente che vive una fede. Mi ha colpito il cantautore
Jannacci, addirittura su L’Unità, ha parlato “di poesia e di fede come le necessità
e le possibilità italiane” è quello che vivono i giovani che sono a Madrid a livello
mondiale. Quindi noi siamo una piccola parte di quel grande popolo.
D.
- A livello internazionale il Meeting si occuperà di “primavera araba”: teme che questa
“primavera araba” sia già esaurita con una svolta a favore dell’integralismo islamico?
R.
- E’ un rischio che è possibile ed è un rischio che c’è ovunque: ricordiamo il ’68
che è stato un grande punto di rinnovamento ed è in parte diventato anche violenza.
Quello che bisogna fare, oltre ad un’analisi, è scommettere su chi lì dentro, invece,
non ha questo tipo di presenza. Ci sarà il presidente della Lega Araba, ci sono parte
delle forze che parteciperanno alle prossime elezioni in Egitto, persone che vengono
dai “Fratelli musulmani”, ma che sono moderati. Quello che si può fare è scommettere
su queste forze, far sì che questo rinnovamento che è cominciato continui com’è cominciato
e senza essere - diciamo - legato all’integralismo. Non bastano le analisi, occorre
che questa amicizia fra i popoli ricominci. Penso che i cristiani siano fondamentali,
anche perché si è visto che purtroppo le guerre neocoloniali che sono state fatte
in Medio Oriente hanno spazzato la Chiesa: quando si spazza la Chiesa sicuramente
si favorisce l’integralismo. Laddove c’è la Chiesa, laddove c’è il dialogo si favorisce
che anche nel mondo musulmano e nel mondo arabo ci sia una svolta democratica e positiva.
(mg)