Medio Oriente: l'Egitto richiama l'ambasciatore in Israele
La crisi israelo-palestinese è riesplosa in seguito agli attentati avvenuti due giorni
fa ad Eilat e alla conseguente ritorsione israeliana su Gaza. L’Egitto, Paese mediatore
tra israeliani e palestinesi, sotto il regime del presidente Mubarak, ha reagito in
maniera dura all’uccisione di 5 guardie di frontiera rimaste coinvolte negli attentati
sul Mar Rosso ed ha richiamato in patria il proprio ambasciatore in Israele. Per comprendere
come sia cambiato il ruolo dell’Egitto nel contesto del conflitto mediorientale Stefano
Leszczynski ha intervistato Eric Salerno, esperto dell’area ed inviato
del quotidiano "Il Messaggero":
R. – E’ un
nuovo Egitto, anche se incompleto in quanto in fase di transizione. E’ quindi in una
fase molto delicata. E’ evidente che anche questo gesto – richiamare l’ambasciatore,
protestare, reagire immediatamente a quest’incidente di frontiera - è motivato dalla
necessità di chi in questo momento si trova al Cairo di non apparire appiattito nei
confronti di Israele. Cosa che è invece avvenuta per molti anni.
D.
– Tuttavia l’Egitto di Mubarak era stato un Paese mediatore nel conflitto tra israeliani
e palestinesi…
R. – Intanto la mediazione che faceva capo a Mubarak
e ai suoi servizi segreti era una mediazione che tendeva a favorire soprattutto gli
interessi di Israele. C’è da tener presente una cosa: Hamas a Gaza - che in questo
momento è il nodo cruciale della vicenda - non piace all’Egitto. Hamas è, in un certo
senso, una ramificazione dei Fratelli musulmani e questi erano considerati da Mubarak
e dal suo establishment una grande minaccia per il futuro del loro regime “laico”
dell’Egitto.
D. – Se in Egitto, con le elezioni, dovessero affermarsi
partiti vicini ai Fratelli musulmani la situazione potrebbe complicarsi parecchio
nella regione…
R. – Se dovessero affermarsi in maniera esagerata, è
chiaro che a quel punto il rischio riguarda non più i palestinesi ma è interno allo
stesso Egitto. I militari sono pronti – almeno quelli che si trovano al potere in
questo momento, che controllano la situazione – ad intervenire per dire che è nell’interesse
del Paese fare in modo di bloccare il risultato delle elezioni ed instaurare, per
una fase intermedia, un governo di tipo diverso. Le preoccupazioni, però, ci sono
da tutte le parti. C’è soprattutto un clima di totale instabilità nella regione. Noi,
adesso, stiamo parlando dell’Egitto ma non dobbiamo dimenticare quello che sta accadendo
in Siria, che è, per certi versi, altrettanto grave: mentre in Egitto ci sono alte
sfere delle forze armate che sono leali ad una certa politica, che cosa può succedere
se cade il regime di Assad? Nessuno lo sa. (vv)