Il commento di padre Bruno Secondin al Vangelo della Domenica
In questa 21.ma Domenica del Tempo ordinario la liturgia ci presenta il passo del
Vangelo in cui Gesù chiede ai discepoli: “La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”.
Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti.
Simon Pietro risponde: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù dice:
“Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo
hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli”.
Su questo brano del Vangelo,
ascoltiamo il commento del padre carmelitano Bruno Secondin, docente di Teologia
spirituale alla Pontificia Università Gregoriana:
È in terra
quasi estranea alla tradizione giudaica, Cesarea di Filippo, che Gesù interpella i
discepoli per sapere come la gente lo stia giudicando. E la gente non ha idee chiare,
ma solo analogie con qualche grande figura del passato: Elia, Geremia, un profeta.
Etichette comode, per catalogare senza mettersi in gioco. Ma oltre queste impressioni
e supposizioni della gente, i discepoli hanno capito altro? Loro che sapevano molto
di più della gente, vivevano fianco a fianco con questo “Figlio dell’uomo”, avevano
capito o no chi era veramente questo Nazareno, rabbì itinerante? “Ma voi, chi dite
che io sia?”, domanda diretto Gesù, costringendoli a uscire allo scoperto. Per tutti
risponde di slancio Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”. Non una
definizione, non un lampo di genio, ma una illuminazione dal cielo, come Gesù stesso
afferma. Conoscere davvero chi è Gesù è solo grazia, non abilità intellettuale. E
se fosse rivolta anche a noi questa domanda: “Voi chi dite che io sia?”, cosa risponderemmo?
Con una filastrocca di titoli comuni, pensando alle devozioni popolari, oppure con
uno slancio del cuore, per una esperienza interiore di intimità e conoscenza? Da questa
risposta si misura la nostra fede.