Dialogo con l’islam: intervista con il cardinale Tauran
Promuovere la dimensione spirituale dell’uomo: è il tema del Messaggio ai musulmani
del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso in occasione della fine del
Ramadan. Il messaggio, pubblicato ieri, sottolinea dunque che la relazione con la
trascendenza fa parte della natura dell’uomo. Romilda Ferrauto ha chiesto al
presidente del dicastero vaticano, il cardinale Jean-Louis Tauran, di spiegarci
come è nata la scelta del tema per il Messaggio di quest’anno:
R. – En cours
des voyages que j’ai fait l’an passé je me suis aperçu .. Nel corso dei
viaggi che ho compiuto l’anno scorso, mi sono reso conto del fatto che in tutte le
società, anche in quelle a maggioranza musulmana, c’è tanta informazione, ma poca
riflessione. Questo significa che le giovani generazioni sono super-informate ma hanno
difficoltà ad organizzare il proprio pensiero. Penso – come dice il Santo Padre –
che il silenzio e la riflessione siano prioritari. Pascal scriveva: “La grande disgrazia
degli uomini è che non riescono a stare tranquilli in una stanza”. In mezzo al rumore,
all’agitazione del mondo nel quale viviamo, abbiamo bisogno ogni tanto di poterci
ritirare nella nostra camera, in silenzio, e di organizzare il nostro pensiero a partire
dalle informazioni che abbiamo ricevuto.
D. – Si può dire che in qualche
modo il dialogo, oggi, debba concentrarsi su quello che ci unisce piuttosto che su
quello che ci separa, nel contesto attuale?
R. – D’abord, il faut toujours
se souvenir que le dialogue interreligieux c’est une … Tanto per incominciare,
è necessario tenere a mente sempre che il dialogo interreligioso è un’attività religiosa:
infatti, non sono le religioni che dialogano ma i credenti che si incontrano, anche
se sono di culture e di tradizioni diverse. Quindi, lungi dal giustificare barriere
e divisioni, essi devono spingere i loro fedeli a superare le barriere dell’incomprensione
e dei pregiudizi favorendo l’apertura all’altro nel reciproco rispetto.
D.
– Ma possiamo dialogare anche su quello che ci separa?
R. – Ça dépend.
Avec les musulmans, c’est un peux difficile … Dipende. Con i musulmani è
un po’ difficile, per ragioni che non posso spiegare in questa sede. Abbiamo difficoltà
in particolare con l’Università di Al Azhar del Cairo, in questo momento. Credo però
che sia necessario soprattutto privilegiare i rapporti umani, i contatti, perché il
dialogo interreligioso si basa sostanzialmente sulla stima reciproca che inizia con
il rispetto per poi finire con l’amicizia. E in questo momento, quello che conta è
l’amicizia: costruire l’amicizia.
D. – Lei terrà nei prossimi giorni
una conferenza sul tema: “Bisogna avere paura dell’islam?”. Perché questa domanda
torna tanto spesso? C’è una risposta?
R. – Pourquoi les musulmans font
peur? D’abord, parce-que on ne les connait pas … Perché i musulmani fanno
paura? Intanto, perché non li conosciamo, e quindi ci si basa sui cliché che sono
diffusi dai mass media. Bisogna anche dire che l’islam di per sé è di sua natura piuttosto
complesso: è, al tempo stesso, una civiltà, una religione, un sistema politico, non
rientra nei nostri schemi mentali. Inoltre, non si può certo negare che il terrorismo
fondato su motivi religiosi, faccia paura. Io vorrei dire: non bisogna avere paura
dell’islam nella misura in cui siamo cristiani convinti, informati e formati. Se invece
siamo cristiani “tiepidi”, allora sì, dobbiamo avere qualche timore. Ma io credo che
questo timore sia salutare, nel senso che è un richiamo ad un cristianesimo più ragionato,
che conosca veramente le ragioni per le quali crede e in Chi crede.
D.
– Questa domanda rischia di essere riproposta in occasione de decimo anniversario
dell’attentato dell’11 settembre …
R. – Le Pape, d’ailleurs, a condamné
de manière extrêmement vigoureuse … Il Papa stesso ha condannato in maniera
forte il terrorismo motivato da considerazioni religiose: non è lecito uccidere in
nome di Dio!
D. – Il Ramadan sta per finire; tra due mesi, a ottobre,
rappresentanti delle principali religioni del mondo si ritroveranno ad Assisi, 25
anni dopo l’incontro storico voluto da Giovanni Paolo II. Quale sarà lo spirito di
questo nuovo incontro di Assisi?
R. – Je crois d’abord ce sera une occasion,
d’après ce que le Pape désire, de … Credo che, secondo il desiderio del
Papa, sarà un’occasione per riflettere nel silenzio e nella preghiera, non comune
– evidentemente – ma ciascuno secondo la propria tradizione, per valutare quale contributo
ciascuno di noi possa dare alla società, come credenti. E quindi ripetere sempre che
la pace è possibile, che Dio ha creato l’uomo affinché fosse felice: noi siamo stati
creati dall’Amore per la felicità, per la vita. Si tratta di fare della nostra società
un luogo dove è bello vivere insieme, essere felici insieme. Non è possibile essere
felici gli uni senza gli altri, e tantomeno gli uni contro gli altri.
D.
– Quella Giornata sarà anche una commemorazione. Lei crede che sarà trattata anche
la questione della libertà religiosa? Non si può dimenticare che ci sono dei cristiani,
nel mondo, che soffrono. Lei ha ricordato l’Egitto, pensiamo anche a quello che accade
in Pakistan e in altri Paesi …
R. – Je pense dans les interventions;
le Pape, aussi, je pense, en parlera. … Sì. Penso che se ne parlerà negli
interventi, e penso che anche il Papa ne parlerà. La libertà religiosa è un po’ un
banco di prova: quando è minacciata la libertà religiosa, in realtà anche tutte le
altre libertà lo sono. E’ inconcepibile che nel 2011 ci siano ancora dei credenti
che proprio perché sono credenti siano oggetto di discriminazione e perfino di esecuzioni!
Proviamo, là dove noi viviamo, a scoprire cosa possiamo fare insieme per il bene della
società! E io credo che in particolare la testimonianza della preghiera sia molto
importante. E’ necessario ricordare che ogni fine settimana, in tutto il mondo, ci
sono milioni, milioni e milioni di musulmani, di cristiani e di ebrei che si riuniscono
per pregare nelle loro sinagoghe, nelle loro chiese, nei loro templi; è, questo, un
patrimonio spirituale a disposizione dell’umanità intera … Credo sia necessario che
ci vedano pregare e che non abbiamo paura di mostrarci perché, senza Dio, il mondo
è un mondo caratterizzato dalla finitezza, dalla morte, in definitiva … (gf)