Crisi economica. L'America Latina cerca di evitare il contagio
L’economia resta al centro delle preoccupazioni di molti governi. In queste settimane,
però, si è parlato poco di quanto sta succedendo in Sudamerica. Secondo i dati delle
Nazioni Unite la crescita media del Prodotto interno lordo dei Paesi dell’area nel
2011 è intorno al 4,5 per cento, con delle eccellenze come Panama dove l’aumento dovrebbe
essere di quasi l’8 per cento. Dunque un trend diverso rispetto a Stati Uniti ed Europa?
Eugenio Bonanata lo ha chiesto al nostro collega Luis Badilla, esperto
di questioni latino-americane:
R. – Il problema
è che si tratta di una crescita con i piedi di argilla, perché è un’economia che si
basa sostanzialmente sull’esportazione, in particolare con i Paesi asiatici e soprattutto
con la Cina. Sono economie che non investono nulla – ad esempio – in innovazione tecnologica,
in formazione, in educazione e via dicendo. Ecco perché in molti guardano con preoccupazione
al futuro di questa crescita economica. Si teme che possa risolversi in un aumento
immediato del benessere materiale per determinati settori e che, a lungo andare, si
riveli una crescita debole, senza futuro e senza prospettive perché non è una crescita
strutturale.
D. – Dunque, si tratta di una crescita fragile...
R. –
Stiamo parlando di medie statistiche; stiamo parlando di indici macro-economici; quando
poi andiamo agli indici micro-economici, cioè alla vita quotidiana di ogni cittadino
latinoamericano, alla tasca di ogni famiglia, e andiamo a verificare la distribuzione
di questa ricchezza momentanea, veniamo a scoprire che l’America Latina, tra tutti
i continenti del mondo, è quello dove c’è maggiore iniquità sociale. C’è, cioè, una
grande concentrazione di enormi ricchezze nelle mani di poche persone.
D. –
Come si sta evolvendo il ceto medio sudamericano?
R. – E' un ceto che si sta
impoverendo molto. Tante persone perdono la loro capacità di acquisto, il loro livello
di consumo, il loro benessere e vanno ad ingrossare le file dei poveri. Questo è un
altro problema, perché lì dove c’è iniquità sociale prima o dopo scoppiano le bombe
ad orologeria, cioè i conflitti sociali, come vediamo in questi giorni in Cile …
D.
– Quindi, si stanno creando condizioni potenzialmente pericolose, a livello sociale...
R.
– Tant’è vero che i presidenti latinoamericani di diversi coordinamenti regionali,
che si sono riuniti in queste ultime settimane, hanno parlato – seguendo una proposta
della presidente dell’Argentina, signora Cristina Fernández de Kirchner, di muoversi
per “blindare l’America Latina”: “Dobbiamo agire per blindare le nostre economie,
affinché non vengano contagiate dalla crisi economica internazionale”. Blindarle significa
vedere come si possa evitare il contagio; vuol dire che i governanti latinoamericani
sono consapevoli del fatto che questo contagio non solo è possibile, ma assolutamente
probabile!
D. – Immaginiamo una lista di Paesi latinoamericani da un punto
di vista economico: chi collochiamo nelle ultime posizioni?
R. – Nelle ultime
posizioni naturalmente Haiti e gran parte delle Nazioni del Centroamerica; poi, ci
sono anche – nel caso dell’America del Sud – il problema della crescita in Uruguay,
in Paraguay, un po’ meno in Bolivia … e poi, ci sono tutti gli altri Paesi virtuosi,
come il Cile, l’Argentina, la Colombia, il Venezuela stesso … che però sono virtuosi
con tutti i limiti che ho detto prima! (gf)