La Chiesa celebra San Massimiliano Kolbe, martire del nazismo, innamorato di Maria
La Chiesa celebra oggi San Massimiliano Kolbe, sacerdote polacco, ucciso dai nazisti
il 14 agosto del 1941 nel lager di Auschwitz, dove offrì la propria vita per salvare
quella di un padre di famiglia. Il 70.mo anniversario, ricordato dal Papa all'Angelus,
è particolarmente sentito in Polonia dove, ieri, è iniziato un triduo di celebrazioni
ed è stato proclamato un “Anno Kolbiano”, per iniziativa del Senato polacco e dell’Ordine
dei Frati Minori Conventuali, a cui padre Kolbe apparteneva. Stamani, il culmine del
triduo con la Messa solenne presso il Museo Statale di Auschwitz-Birkenau, presieduta
dal cardinale Stanislaw Dziwisz e concelebrata da vescovi tedeschi e polacchi. Sulla
testimonianza di questo Santo, Alessandro Gisotti ha intervistato padre
Egidio Monzani, assistente spirituale della “Milizia dell’Immacolata”, fondata
da Massimilano Kolbe nel 1917:
R. – Il senso
della sua testimonianza è di proclamare l’autorità del Vangelo, anche in momenti terribili
come quelli della Seconda Guerra Mondiale, in un ambiente terrificante come il campo
di Auschwitz. Lì padre Massimiliano Kolbe è stato proprio la presenza di Dio. Tanti
si sono domandati di fonte alle vicende di Auschwitz e di altri campi di concentramento:
“Dov’è Dio, dov’è Dio?”. Dio si trova lì, dove c’è Massimiliano Kolbe, con il suo
atto d’amore! Giovanni Paolo II, quando era arcivescovo di Cracovia, nella circostanza
della Beatificazione disse: “Morì un uomo, ma si salvò l’umanità”. La professione
di fede più grande secondo me di San Massimiliano è quando scrive la sua ultima lettera
alla mamma. Lui arriva nel campo di concentramento alla fine di maggio e muore il
14 di agosto. Scrive l’ultima lettera alla mamma dicendo: “Dio c’è dappertutto e ama
tutti e tutto con infinito amore!”.
D. – Lei, faceva riferimento alla
madre: fondamentale per comprendere la figura e la testimonianza di San Massimiliano
Kolbe è la devozione a Maria, la Madre di tutti noi….
R. – Esattamente.
Lui diceva che la madre terrena non è altro che l’immagine della Madre celeste. La
sua vita è segnata anche da un episodio della fanciullezza, quando in un momento di
sconforto, in Chiesa, ha davanti a sè l’immagine della Madonna che gli offre due corone.
Lui gli dice: “Che cosa sarà di me?” e la Madonna gli offre queste due corone: una
bianca e una rossa, che sono poi il tracciato della sua vita! Questo episodio non
lo ha mai raccontato a nessuno, soltanto la mamma lo raccontò dopo aver saputo come
era morto nel campo di concentramento.
D. – Universalmente noti la morte
e il martirio di San Massimiliano Kolbe, forse meno conosciuta la sua grande versatilità
e i suoi grandi carismi. Fu promotore di iniziative caritatevoli ed anche editoriali…
R.
– Questo credo che sia il destino di padre Kolbe… allora bisogna tirarlo fuori da
quel “bunker”... tutti lo hanno relegato lì, in quell’atto finale della sua vita e
dimenticano, oppure non sanno, quella che è stata la grande novità della sua vita,
per esempio da un punto di vista apostolico, puntando sulla stampa. Siamo agli inizi
del ‘900: stravolge la vita del convento, che è una vita abituata ai Salmi, alle preghiere
… lui nel convento porta la tipografia!
D. – Qual è secondo lei l’eredità
spirituale più forte che ci lascia San Massimiliano Kolbe, mentre celebriamo il 70.mo
della sua nascita al cielo?
R. – L’eredità e la spiritualità mariana,
ma non vissuta come semplice devozione. Padre Kolbe dice: “L’Immacolata, ecco il nostro
ideale, essere simili a Lei”. In questa frase c’è tutta l’eredità, cioè una spiritualità
che renda presente, operante Maria dentro la vita della Chiesa, la vita dell’umanità.
Lui ha puntato tutto su questo e ovviamente con la mariologia, che ci ha ridato poi
Giovanni Paolo II, stiamo riscoprendo la ricchezza di questa intuizione profetica.
(ma)