Emergenza Corno d’Africa, Unicef: i bambini prime vittime della siccità
La grande siccità in Somalia sta affliggendo almeno 12 milioni di persone, spesso
costrette a cercare rifugio nei campi profughi al confine con il Kenya. Come sempre
accade in queste emergenze umanitarie, sono i più deboli, i bambini ad essere maggiormente
esposti ai rischi della malnutrizione e alle malattie. Michele Raviart ne ha
parlato con Roberto Salvan, direttore generale di Unicef Italia:
R. – Ci si
trova di fronte a cifre veramente enormi, soprattutto nella Somalia meridionale: ormai,
sono 15 ogni diecimila i bambini nella fascia di età da zero a cinque anni che muoiono
ogni giorno: è un tasso di mortalità molto elevato. Per dichiarare lo stato di carestia,
“bastano” quattro bambini su diecimila che muoiono ogni giorno e qui siamo arrivati
a 15. Questo perché si fa molta fatica a raggiungere tutti i villaggi, tutte le aree
dove ci sono bambini che sono rimasti con le loro mamme e non hanno avuto la capacità,
la forza di spostarsi verso il Kenya o verso l’Etiopia. E ciò, nonostante l’impiego
enorme di operatori umanitari e di organizzazioni che sono sul terreno.
D.
– Questi bambini, spesso già malnutriti, partono per un viaggio molto lungo per raggiungere
i campi profughi. Lì, che situazione trovano?
R. – Certamente, per chi
ha avuto la forza di camminare per 20 o 25 giorni a piedi, senza cibo e senza acqua,
i campi sono la soluzione dei problemi. Per questo, la comunità internazionale – tramite
le organizzazioni che stanno intervenendo – stanno facendo arrivare nei campi cibo,
medicinali e tutto quello che serve.
D. – C’è il rischio che questi
bambini vengano arruolati come bambini soldato, magari in cambio di cibo?
R.
– Certamente! Esistendo un conflitto militare, soprattutto i ragazzi adolescenti facilmente
potrebbero essere arruolati, se non controllati e inseriti all’interno di un nucleo
familiare, perché le persone armate hanno sempre con facilità accesso al cibo.
D.
– Uno degli altri problemi, oltre la fame, è la carenza di istruzione …
R.
– Questa carestia, purtroppo, toglierà i bambini dalle scuole, quelle poche che erano
attive; soltanto il 20-25 per cento dei bambini e delle bambine avevano accesso all’istruzione,
in Somalia. Se non si interviene ora, cercando di garantire nei campi, o nelle aree
dove è possibile farlo, l’istruzione di base per tutti i bambini e le bambine che
sia possibile raggiungere, il dopo-emergenza porterà una situazione ancora più grave.
Per questo, anche l’impegno ad attivare i servizi scolastici, a formare e convincere
gli insegnanti a tornare a scuola e ad essere, in qualche modo, pagati dallo Stato
di Mogadiscio, è un elemento fondamentale per il futuro di questo Paese.
D.
– Allo stato attuale, quanto pensate che possa durare l’emergenza?
R.
– Se piove ad ottobre e se piove in modo copioso, i primi raccolti si potranno avere
entro la fine dell’anno; ma se non piove ad ottobre, la situazione diventa davvero
molto drammatica. Si continueranno a subire i danni della carestia almeno fino a metà
del 2012. (gf)