2011-08-13 15:05:51

La Tunisia verso il voto di ottobre tra sfiducia e tensioni


La Tunisia si prepara alle prossime elezioni che, inizialmente previste a luglio, sono slittate al 23 ottobre prossimo per motivi organizzativi. Si tratta di un momento importantissimo per il processo istituzionale che si è aperto dopo l’uscita di scena del presidente Ben Ali che, dopo una serie di proteste popolari in diverse città, il 14 gennaio scorso è fuggito in esilio a Jedda in Arabia Saudita. La fase di transizione non è semplice. Basti pensare che solo poco più di 3 milioni di persone si sono iscritte nelle liste elettorali su 7 milioni di aventi diritto al voto, come spiega, nell’intervista di Fausta Speranza, Cristiano Tinazzi, giornalista free lance che ha seguito in Tunisia i mesi di ribaltamento del potere:RealAudioMP3

R. - C’è molta disillusione: da gennaio ad oggi la Tunisia è caratterizzata da una forte crisi economica e il turismo, che rappresenta una delle fonti principali di sostentamento del Paese, si è ridotto del 50 per cento a causa anche della guerra in Libia, del problema dei profughi, dei migranti e anche a causa di una certa disinformazione sul Paese. C’è una forte crisi economica soprattutto nel Sud, dove in molte città in particolare nella zona di confine, che vivevano di economia clandestina con la Libia, ha subito forti ripercussioni. Ripercussioni che, peraltro, adesso si stanno modificando: è ripreso un traffico illegale di beni di prima necessità verso la Libia e conseguentemente nella zona di Djerba e in altre zone del Paese non si riesce a trovare acqua minerale, zucchero, pane ed altri beni di prima necessità. Ci sono anche altre tensioni di tipo sociale, soprattutto nel centro e nel centro-sud del Paese: sono riemersi fenomeni tribali, che erano ormai scomparsi da 200 anni. E’ una situazione in divenire e tutti aspetteranno di vedere cosa succederà. Il problema è che c’è una certa disaffezione: è stata fatta sì la rivoluzione, ma probabilmente la gente non è molto convinta del processo democratico in atto che si sta svolgendo, anche se a fatica si sta andando avanti rispetto ad altri Paesi. Per tutto questo, quindi, c’è stata questa bassa affluenza nelle iscrizioni.

D. - In altri Paesi - se ne parla molto per l’Egitto per esempio - c’è la paura del fondamentalismo: in Tunisia questa paura si sente?

R. - E’ ancora difficile da valutare. Diciamo che il partito che ha più possibilità anche di avere un buon risultato alle elezioni è quello di H'nada, che fino alla caduta di Ben Alì era esule in Inghilterra. H'nada sta facendo un lavoro molto importante, soprattutto nel sud del Paese che è quello più povero, con le organizzazioni religiose, utilizzando come base le moschee, aiutando le fasce sociali più povere, distribuendo servizi gratuiti e facendo anche delle cose che riscontrano un certo successo: hanno, per esempio, sostenuto una serie di matrimoni collettivi, pagando e spesando tutto quanto c'era da pagare per questi matrimoni, con finanziamenti soprattutto che provengono dall’estero. Per questo è stata recentemente fatta una legge che vieta finanziamenti ai partiti dall’estero e questo ha creato grossi problemi anche all’interno… Si sta muovendo come si sono mosse anche altre organizzazioni. H'nada ha due facce: una presentabile, stile partito musulmano moderno, tipo quello che può essere quello di Erdogan in Turchia; ma, dall’altra parte, c’è una base più radicale, che ha vicinanza con il wuabinismo saudita.

D. - Le donne, in tutto questo, come stanno vivendo? subito dopo la rivoluzione avevano il timore di perdere anche quei diritti civili che nella Tunisia di Ben Alì - con tutti i problemi che c’erano - erano garantiti dalla legislazione...

R. - Le donne potevano contare su una legislazione che non aveva pari nel mondo arabo riguardo ai loro diritti. Adesso ci sono state proteste, perché le donne vorrebbero avere ancora di più: stanno lottando per avere soprattutto l’uguaglianza tra uomo e donna. Ci sono, però, questi partiti e questi movimenti che vorrebbero invece limitare il ruolo delle donne: lo stesso H'nada sta facendo delle proposte in questo senso, dando addirittura delle pensioni alle donne affinché non vadano a lavorare. Quindi, un ritorno un po’ al passato che probabilmente a Tunisi non attaccherà, se non nei quartieri poveri. Tunisi è una capitale di largo respiro, che guarda spesso ad Occidente. In altre zone, soprattutto per effetto della crisi economica, della situazione sociale e degli scontri sociali, che ancora si verificano - spesso ci sono blocchi stradali improvvisati, sono sorti altri sindacati che non si rifanno più al sindacato unico presente sotto Ben Alì - le donne hanno paura che i loro diritti potrebbero essere ridimensionati. (mg)







All the contents on this site are copyrighted ©.