Celebrazioni per il 50.mo anniversario della costruzione del Muro di Berlino: la testimonianza
di mons. Weider
Giorno di commemorazione oggi in Germania per il 50.mo anniversario della costruzione
del Muro di Berlino: era il 13 agosto del 1961 quando la città si svegliò divisa in
due. Un Muro che sarebbe rimasto in piedi per 28 anni, fino al 9 novembre del 1989,
causando almeno 136 vittime. Il presidente tedesco Christian Wulff ha sottolineato,
nell’occasione, che il ricordo di quell’ingiustizia ci ammonisce a non lasciare soli
coloro che combattono per la libertà e la democrazia. E anche il cancelliere Angela
Merkel ha affermato che il dolore che questa vicenda ha inflitto a milioni di persone
ci esorta a impegnarci in favore di quanti vedono calpestati oggi i propri diritti.
Ma ascoltiamo la testimonianza di chi ha vissuto quella drammatica giornata: è mons.
Wolfgang Weider, già vescovo ausiliare di Berlino, al microfono del collega Paul
Hasel, della Münchner Kirchenradio:
R. – Es war
Sonntag. Der Pfarrer war in Urlaub; ich war Kaplan … Era di domenica. Il
parroco era in vacanza; io ero cappellano in una chiesa a Berlino Est. Arrivarono
in chiesa delle ragazze: piangevano, ma non riuscivano a dire nulla perché i loro
ragazzi erano a Berlino Ovest e loro non riuscivano più ad andare dall’altra parte.
Di fronte alla chiesa c’era un posto di polizia: gli agenti ci controllavano e si
stupivano del fatto che tanta gente venisse in chiesa.
D. – In quei
giorni, le è capitato di pensare che il Muro sarebbe rimasto in piedi per quasi 30
anni?
R. – Ja, das haben wir eigentlich damals gedacht. Wir kannten
die Kommunisten … Sì, è proprio questo che pensavamo. Conoscevamo i comunisti
e sapevamo che quelli non si sarebbero mai arresi. Mio fratello, che era fuggito a
Berlino Ovest, riuscì a farmi arrivare un nastro registrato nel quale diceva: “Penso
che non ci vedremo mai più!”. Eravamo molto pessimisti. Un giorno riuscii ad andare
a Berlino Ovest, in qualità di cappellano, per andare a trovare dei malati e ho rivisto
mio fratello affacciato alla finestra di casa: ci guardavamo, ma era proibito fare
segnali, chiamare o salutare con le mani perché c’erano le guardie con i fucili. Ci
siamo guardati a lungo, in silenzio e con tanta tristezza, perché pensavamo che non
saremmo mai più riusciti ad incontrarci.
D. – A 50 anni di distanza
dalla costruzione del Muro di Berlino prova sentimenti di rabbia o riesce a perdonare?
R.
– Vergeben? Natürlich kann ich das! Es hat uns natürlich sehr tief betroffen … Perdonare?
Certo che posso perdonare! E’ vero, ci sono stati grandi lutti: la separazione delle
famiglie, i morti ed anche il diverso sviluppo tra Est ed Ovest, differenze visibili
anche nelle chiese anche se continuavano ad appartenere formalmente ad una sola diocesi.
Ma se i comunisti tedeschi non avessero costruito il Muro, tutta la popolazione sarebbe
fuggita e loro sarebbero stati messi sotto pressione dai russi, perché dipendevano
dai sovietici. Quindi, se volevano sopravvivere, non avevano altra scelta. Il fatto
che poi abbiano gestito la situazione in maniera così brutale, sparando alla gente,
ecco, questo è mostruoso, questo è veramente un crimine. Ma noi avevamo perso la guerra
e loro dipendevano dai russi …