La Germania ricorda il 50.mo anniversario della costruzione del Muro di Berlino
Sono passati 50 anni dall’inizio, il 13 agosto del 1961, della costruzione del Muro
di Berlino. Una barriera che per oltre 28 anni ha separato la parte est della città
da quella occidentale con lo scopo di arginare la fuga di migliaia di cittadini dal
regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca. Nell’ambito delle celebrazioni
per il 50.mo anniversario, domani nella capitale tedesca si svolgerà una preghiera
ecumenica con diversi capi religiosi, fra cui il vescovo ausiliare di Berlino mons.
Matthias Heinrich, alla presenza del capo di Stato tedesco Christian Wulff e del cancelliere
Angela Merkel. Per una lettura di questa drammatica pagina della storia europea, Marco
Guerra ha intervistato l’inviato di Avvenire, Luigi Geninazzi:
R. - La Germania
Est, che era già una prigione come tutti i Paesi comunisti dell’Est Europa da dove
non si poteva uscire, aveva a Berlino - si diceva con un'amara battuta - quel portone
sempre aperto verso l'Occidente, ed era difficile impedire ai cittadini di passare
la linea di demarcazione che a volte era semplicemente una linea che tagliava case,
marciapiedi, e così via. Tanti erano già scappati dalla Repubblica Democratica Tedesca,
ben 3 milioni, 3 milioni e mezzo su una popolazione di 17 milioni, questo ci dice
anche il perché le autorità comuniste di Berlino Est si decisero a questo passo. Non
potevano sopportare una tale emorragia della propria popolazione.
D.
– Che cosa ha significato la costruzione del Muro per i berlinesi e per l’intero popolo
tedesco?
R. – Per i tedeschi dell’Est fu un grande trauma, anche perché
da allora non potevano più uscire. Nei primi giorni della costruzione del Muro ci
furono veramente casi drammatici di gente che cercava di scappare in ogni modo tra
il filo spinato… Per i tedeschi dell’Ovest fu altrettanto un grande trauma, perché
per tanti che abitavano Berlino Ovest, prima di tutto, d’improvviso, si videro impediti
di andare a trovare i loro parenti, i loro amici, i loro connazionali, semplicemente.
D.
– Quali ripercussioni ci sono state sulla Chiesa tedesca?
R. – La Chiesa
era divisa e dobbiamo ricordare che il cardinale di Berlino ha sempre avuto la sua
residenza a Berlino Est, quindi, era una delle poche persone che dopo il ’61 riusciva
a passare dall’una e dall’altra parte. Viveva in contatto con questa comunità lacerata
ed è stata veramente un’esperienza di grande sofferenza ed un segno di speranza.
D.
– Il Muro è stato il simbolo della guerra fredda che ha diviso l’Europa e l’Occidente:
a quasi 22 anni dalla caduta cosa è rimasto di quel Muro?
R. – Il cancelliere
Kohl, artefice dell’unificazione, parlava di campi fioriti all’Est. Non è stato immediato
far crescere questi fiori, però dopo 22 anni possiamo dire che la Germania Est è cambiata
e sta cambiando. Tuttavia c’è qualcosa che è rimasto nella testa come una sorta di
nostalgia: la Germania Est fra tutti i Paesi del blocco sovietico era infatti il Paese
dove si stava relativamente meglio, però è una nostalgia ideologica, perché chi veramente
ha sperimentato le sofferenze, i drammi, le repressioni, quello che era la vita nella
Ddr, la Germania comunista, non ha nostalgia.
D. – Cosa insegna la storia
del Muro?
R. – Dobbiamo ricordare il concetto fondamentale per cui è
stato costruito il Muro. E’ stata l’unica volta nella storia – almeno nella storia
moderna – in cui si è costruito un muro, non per difendersi da nemici veri o presunti
esterni, ma per tenere prigioniero il proprio popolo. Era un Muro che il regime comunista
definiva umoristicamente “baluardo antifascista”, in realtà, non c’era nessun fascista
e non c’era nessuno che voleva entrare in Germania Est per attaccarli, era semplicemente
un muro di cinta, era semplicemente una prigione che era stata costruita per 17 milioni
di persone. (ma)