2011-08-12 15:00:01

La Germania ricorda il 50.mo anniversario della costruzione del Muro di Berlino


Sono passati 50 anni dall’inizio, il 13 agosto del 1961, della costruzione del Muro di Berlino. Una barriera che per oltre 28 anni ha separato la parte est della città da quella occidentale con lo scopo di arginare la fuga di migliaia di cittadini dal regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca. Nell’ambito delle celebrazioni per il 50.mo anniversario, domani nella capitale tedesca si svolgerà una preghiera ecumenica con diversi capi religiosi, fra cui il vescovo ausiliare di Berlino mons. Matthias Heinrich, alla presenza del capo di Stato tedesco Christian Wulff e del cancelliere Angela Merkel. Per una lettura di questa drammatica pagina della storia europea, Marco Guerra ha intervistato l’inviato di Avvenire, Luigi Geninazzi:RealAudioMP3

R. - La Germania Est, che era già una prigione come tutti i Paesi comunisti dell’Est Europa da dove non si poteva uscire, aveva a Berlino - si diceva con un'amara battuta - quel portone sempre aperto verso l'Occidente, ed era difficile impedire ai cittadini di passare la linea di demarcazione che a volte era semplicemente una linea che tagliava case, marciapiedi, e così via. Tanti erano già scappati dalla Repubblica Democratica Tedesca, ben 3 milioni, 3 milioni e mezzo su una popolazione di 17 milioni, questo ci dice anche il perché le autorità comuniste di Berlino Est si decisero a questo passo. Non potevano sopportare una tale emorragia della propria popolazione.

D. – Che cosa ha significato la costruzione del Muro per i berlinesi e per l’intero popolo tedesco?

R. – Per i tedeschi dell’Est fu un grande trauma, anche perché da allora non potevano più uscire. Nei primi giorni della costruzione del Muro ci furono veramente casi drammatici di gente che cercava di scappare in ogni modo tra il filo spinato… Per i tedeschi dell’Ovest fu altrettanto un grande trauma, perché per tanti che abitavano Berlino Ovest, prima di tutto, d’improvviso, si videro impediti di andare a trovare i loro parenti, i loro amici, i loro connazionali, semplicemente.

D. – Quali ripercussioni ci sono state sulla Chiesa tedesca?

R. – La Chiesa era divisa e dobbiamo ricordare che il cardinale di Berlino ha sempre avuto la sua residenza a Berlino Est, quindi, era una delle poche persone che dopo il ’61 riusciva a passare dall’una e dall’altra parte. Viveva in contatto con questa comunità lacerata ed è stata veramente un’esperienza di grande sofferenza ed un segno di speranza.

D. – Il Muro è stato il simbolo della guerra fredda che ha diviso l’Europa e l’Occidente: a quasi 22 anni dalla caduta cosa è rimasto di quel Muro?

R. – Il cancelliere Kohl, artefice dell’unificazione, parlava di campi fioriti all’Est. Non è stato immediato far crescere questi fiori, però dopo 22 anni possiamo dire che la Germania Est è cambiata e sta cambiando. Tuttavia c’è qualcosa che è rimasto nella testa come una sorta di nostalgia: la Germania Est fra tutti i Paesi del blocco sovietico era infatti il Paese dove si stava relativamente meglio, però è una nostalgia ideologica, perché chi veramente ha sperimentato le sofferenze, i drammi, le repressioni, quello che era la vita nella Ddr, la Germania comunista, non ha nostalgia.

D. – Cosa insegna la storia del Muro?

R. – Dobbiamo ricordare il concetto fondamentale per cui è stato costruito il Muro. E’ stata l’unica volta nella storia – almeno nella storia moderna – in cui si è costruito un muro, non per difendersi da nemici veri o presunti esterni, ma per tenere prigioniero il proprio popolo. Era un Muro che il regime comunista definiva umoristicamente “baluardo antifascista”, in realtà, non c’era nessun fascista e non c’era nessuno che voleva entrare in Germania Est per attaccarli, era semplicemente un muro di cinta, era semplicemente una prigione che era stata costruita per 17 milioni di persone. (ma)







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