2011-08-12 15:09:54

Città blindate in Gran Bretagna: operativi 15mila agenti antisommossa


Cinque morti e quasi 1.750 arresti: sono le cifre che segnano il drammatico bilancio dei disordini che negli ultimi cinque giorni hanno sconvolto la Gran Bretagna. Anche questa notte è trascorsa senza disordini e senza particolari problemi nelle città ormai blindate da oltre 15mila agenti in assetto antisommossa. Il governo di Londra ha stabilito l’istituzione di un fondo per il risarcimento delle vittime degli atti di vandalismo ed ha promesso il ‘pugno duro’ contro chi si sia macchiato di reati nel corso della rivolta. Il premier Cameron è arrivato addirittura al punto di minacciare la chiusura di alcuni social network e l’impiego delle forze armate nelle città più a rischio. Sentiamo il commento di Stefano Silvestri, presidente dell’Istituto Affari Internazionali, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

R. – In realtà, da quello che sembra, c’è stato un tentativo di intervento della polizia, più che altro per contrastare la circolazione di opinioni e di informazioni false che accrescevano la paura nei social network britannici. Probabilmente non è bastato, per cui adesso si parla di possibili sospensioni temporanee dei media in determinate occasioni. Francamente, non so se questo funzionerà. Quanto alla militarizzazione delle grandi città, io mi auguro che Cameron ci ripensi. In realtà, qui dietro c’è una polemica diversa, molto britannica, collegata alla questione dei tagli di bilancio. Cameron ha proposto un forte taglio di bilancio delle forze di polizia; probabilmente, l’accenno alla possibilità di utilizzare le forze armate è anche in polemica con le forze di polizia. In questo momento, c’è una certa tensione …

D. – Questi incidenti sono, secondo lei, in qualche modo ricollegabili alla questione dell’immigrazione, dell’integrazione degli stranieri nella società inglese?

R. – Sicuramente c'è un problema di integrazione nella società britannica. La società britannica, più che “integrare” le comunità degli immigrati, le ha “accettate” e in una qualche maniera “isolate”, con forme addirittura di “autogoverno” all’interno della società. Ha avuto un approccio empirico che è sembrato funzionare bene per molti anni ma che adesso sembra essere arrivato alla fine della sua utilità, specialmente perché giovani di seconda o terza generazione evidentemente non accettano più con tanta facilità l’idea di essere in qualche modo “ghettizzati”.

D. – Molti hanno fatto il paragone tra quello che è avvenuto in Inghilterra con quello che qualche anno fa è avvenuto in Francia, con la rivolta delle banlieues. Secondo lei, questo può avvenire anche in altri grandi centri urbani dell’Europa?

R. – Io credo che possa avvenire ovunque. Noi in Italia abbiamo avuto già episodi di violenza più circoscritti. Alcuni, in Inghilterra, sostengono che poi dietro c’è anche la pressione della società dei consumi: questo è un fenomeno che io credo sia abbastanza diffuso in tutta Europa.

D. – Da un punto di vista di gestione politica della società, secondo lei la politica del “pugno duro” paga o no?

R. – Intendiamoci: di fronte ad una sommossa, la politica del “pugno duro”, soprattutto se è appoggiata da una forza sufficiente, paga. Però, ovviamente, paga nel breve termine. Subito dopo va applicata una politica di migliore risposta sociale. (gf)







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