Fame nel Corno d'Africa: migliaia di somali continuano ad affluire nel campo profughi
di Dadaab in Kenya
Non si ferma la mobilitazione per il Corno d’Africa, per la Somalia soprattutto, dove
la peggiore carestia degli ultimi 60 anni sta mettendo a rischio la vita di milioni
di persone. La Tanzania oggi ha deciso l’invio di 300 tonnellate di mais. Per varare
misure urgenti il 17 agosto a Istanbul si riuniranno i 57 Paesi della Conferenza Islamica,
mentre il giorno dopo sarà la volta, a Roma, dei ministri dell’Agricoltura dei 191
Paesi membri della Fao. La sopravvivenza di circa quattro milioni di somali è messa
a rischio anche dai ribelli Shabaab che controllano le zone meridionali del Paese.
Il Cesvi, assieme al consorzio Agire, opera nel campo di Dadaab, al confine tra Somalia
e Kenya, dove ogni settimana arrivano 10 mila profughi. Le condizioni di vita non
sono più sostenibili e il tasso di malnutrizione acuta supera il 25%. Per offrire
aiuto bastano solo due euro, inviando un sms al numero 45500. Francesca Sabatinelli
ha raggiunto telefonicamente a Dadaab, Lorena D’Ayala Valva, responsabile delle
attività per le emergenze del Cesvi:
R. - Esistono
in questo momento due ordini di problemi: uno riguarda i rifugiati che erano già qui
precedentemente e che devono essere ancora aiutati e poi un supporto integrativo per
le persone che continuano ad arrivare. Oltre a ciò, la situazione si complica ulteriormente
perché ci sono anche le comunità locali, comunità keniote, che erano già stabilizzate
nell’area. E' una situazione estremamente complessa. Noi stiamo lavorando in collaborazione,
ovviamente, con le Nazioni Unite, che si occupano della gestione dei campi. Quindi,
in questo momento, attraverso il coordinamento con l’Onu, stiamo cercando di distribuire
acqua e sapone..
D. – Chi sono le persone che arrivano dalla Somalia?
In che condizioni sono?
R. – Sono bambini e donne, arrivano provati
dalla situazione in Somalia, dopo giorni di cammino. Il clima in questo momento non
è neanche dei peggiori: siamo in una stagione “invernale”, però, comunque, è molto,
molto caldo, per cui arrivano stremati, vittime spesso anche di violenza. I bambini
sono malnutriti o denutriti, le donne molto provate dalla situazione. Con il rischio
di sovraffollamento c’è anche un rischio di epidemia. Quello che si sta facendo in
questo momento è una grossa corsa contro il tempo per cercare di scongiurare la diffusione
delle malattie.
D. – Nella seconda metà di agosto si terranno diverse
riunioni, a Roma, nella sede della Fao, durante la quale i ministri dell’Agricoltura
di quasi 200 Paesi dovranno varare delle misure urgenti. A Istanbul si riuniranno
i Paesi della Conferenza islamica. A vostro giudizio si sta intervenendo in modo adeguato?
La Comunità internazionale è in ritardo?
R. – La risposta dovrebbe essere
sicuramente più immediata. Ci sono situazioni in cui noi riusciamo ad intervenire,
ma con fondi che sono disponibili subito, per cui è importante anche avere la disponibilità
immediata di fondi privati. Ovviamente l’idea che possano arrivare grosse quantità
di fondi dagli organismi internazionali è importante per dare continuità, ma è altrettanto
importante riuscire a reagire subito, perché qui stiamo parlando comunque di salvare
la vita delle persone. Vorrei sollecitare una maggiore condivisione, anche a livello
italiano, delle informazioni. Purtroppo questa crisi sta passando un po’ sotto tono
per mille motivi, ma è veramente importante diffondere il più possibile informazioni
corrette, non solo in una logica di donazione, ma anche in una logica di consapevolezza
di quello che sta veramente accadendo. E’ una tragedia, una tragedia enorme, incredibile:
quasi 12 milioni di persone che soffrono di questa crisi tra l’Etiopia, la Somalia
e il Kenya. Penso che tutti noi dovremmo essere molto più consapevoli di quello che
sta succedendo e probabilmente cercare di agire in qualche modo. (ma)