Giornata internazionale dei popoli indigeni, Ban Ki-moon: difendere i loro diritti,
valorizzare la loro cultura
5000 diversi gruppi in 90 Paesi per un totale di circa 370 milioni di persone nel
mondo: sono le cifre che identificano la realtà dei popoli indigeni di cui oggi l’Onu
celebra la Giornata internazionale. Nel suo messaggio per l’occasione, il segretario
generale Ban Ki-moon sottolinea la responsabilità di “difendere i diritti e la dignità
di popolazioni che spesso soffrono emarginazione, povertà estrema e perdita di risorse
e territori”, ricordando il “contributo culturale che portano in eredità” e il loro
bagaglio di “creatività e innovazioni che vediamo nelle arti, letteratura e scienze”.
Delle sfide in tema di popolazioni indigene, Fausta Speranza ha parlato con
Stefano Femminis, direttore della rivista "Popoli":
R. - Dal
punto di vista culturale, c’è un problema ancora di affermazione della identità indigena
che è minacciata dall’invasione dei modelli consumistici e occidentali: molte popolazioni
indigene - in particolare in America Latina, ma in realtà anche molto in Africa e
in Asia - sono alle prese con questo problema. Ovviamente ciò comprende anche il discorso
della religiosità, nel senso che la religione dei popoli indigeni, le religioni tradizionali,
rischiano di essere assorbite o annullate da una sorta di imposizione delle religioni
che vengono portate non con quello spirito di inculturazione e di rispetto che si
dovrebbe avere, ma come una imposizione. Questo è successo - ovviamente - soprattutto
tanti secoli fa, mi riferisco soprattutto all’America Latina: in parte, però, può
succedere anche oggi. Il secondo aspetto è quello relativo agli aspetti socio-economici:
diritti dei popoli indigeni a partire dai diritti di proprietà sui loro territori,
che sono spesso minacciati dalle multinazionali e da interessi di altri.
D.
- Nel 2014 ci sarà la Conferenza mondiale per i popoli indigeni: che cosa si dovrebbe
fare in vista di questo appuntamento?
R. - Questi appuntamenti sono
più che altro un modo per richiamare l’attenzione della Comunità internazionale su
questi problemi. Ricordo anche che lo scorso anno si è concluso il decennio dell’Onu
per i diritti dei popoli indigeni: chiaramente queste sono occasioni importanti e
preziose in cui si fanno dei progetti, si portano avanti delle campagne anche di sensibilizzazione.
Ma per altri aspetti rimangono un po’ sulla carta delle buone intenzioni…
D.
- Globalizzazione e popoli indigeni, una sua riflessione...
R. - Rispetto
tra il “locale” e il “globale”: nel senso che se c’è una situazione in cui il rispetto
dei diritti e delle tradizioni locali è importante è proprio quella dei popoli indigeni,
nel senso che sono i portatori di valori che rischiano di estinguersi. Di fronte a
questo la globalizzazione tende a imporre un po’ le sue leggi e nel nome del villaggio
globale si annullano poi le tradizioni, le culture e le ricchezze locali. Si tratta
quindi di lavorare su questi due termini: “locale” e “globale”, tenendo presente che
chiaramente non è che la globalizzazione ha soltanto difetti! Anzi, c’è poi tutto
un discorso di sviluppo economico e di miglioramento per esempio delle condizioni
di salute e di vita, del livello d’istruzione. Non bisogna rimanere al mito - come
dire - del "buon selvaggio", ma c’è tutto un discorso da fare di autentico rispetto
dei valori e delle tradizioni local, che vanno salvaguardate! (mg)