Dopo una seconda notte di rivolte a Londra, la polizia britannica ha arrestato oltre
100 persone. I disordini sono scoppiati sabato nel quartiere di Tottenham, quando
le proteste per l'uccisione - giovedì scorso - da parte della polizia di Mark Duggan,
un 29enne di colore, sono degenerate in distruzioni e saccheggi. Le tensioni tra abitanti
della zona e forze dell’ordine si sono poi estese a Enfield, Walthamstow e Waltham
Forest, nel nord della capitale, e a Brixton, a sud. Almeno 35 gli agenti feriti in
due giorni. Sui motivi di tali violenze, Giada Aquilino ha raggiunto telefonicamente
a Londra Andrea Malaguti, corrispondente del quotidiano La Stampa:
R. – Giovedì
pomeriggio la polizia ha fermato un pregiudicato che era in macchina, un uomo di 29
anni, padre di quattro figli. C’è stato uno scontro a fuoco e l’uomo è stato ucciso.
Secondo la polizia, lo scontro a fuoco è nato dal fatto che quest’uomo avrebbe sparato
per primo. Ci sono molti dubbi sulla dinamica della vicenda, dubbi che ovviamente
anche la famiglia del pregiudicato ha fatto propri e, in funzione di ciò, aveva organizzato
sabato pomeriggio una manifestazione, un corteo, che sarebbe dovuto arrivare davanti
la stazione di polizia di Tottenham per chiedere cosa fosse successo esattamente.
Era una manifestazione pacifica che ad un certo punto è diventata una vera e propria
rivolta, una rivolta durissima.
D. – Perché i disordini sono scoppiati
a partire proprio dalla zona Nord di Londra?
R. – La zona Nord di Londra
è storicamente tra le più povere non solo della città, ma del Paese. E’ una zona a
fortissima presenza nero-africana e nero-caraibica dove in realtà il multiculturalismo
non ha funzionato e dove – bisogna ricordarlo – quest’anno il budget per i progetti
di aiuto ai giovani è stato tagliato del 75%, con la finanziaria del governo Cameron.
E’ un quartiere che già negli anni Ottanta era stato al centro di disordini molto
forti; da allora erano stati compiuti molti interventi, in seguito ai quali la situazione
nella zona di Tottenham era molto migliorata, pur nascondendo ancora ampie sacche
di povertà.
D. – Quindi, in questo quadro influisce anche la crisi
economica in atto?
R. – Sì: sono molti in effetti i fattori che influiscono
in questa vicenda. La crisi economica è uno di questi. Il disagio giovanile certamente
è un altro fattore. C’è un terzo fattore sul quale in questo momento si discute molto
a Londra: cioè la mancanza di controllo da parte della polizia. Non va dimenticato
il fatto che il numero uno e il numero due di Scotland Yard si sono dimessi il mese
scorso a seguito dello scandalo delle intercettazioni telefoniche di “News of the
World”; i nuovi capi di Scotland Yard in questi giorni erano in vacanza, così come
il premier David Cameron e alcuni ministri. In più, queste gang giovanili hanno cominciato
a mandarsi segnali attraverso i social network e, in tal modo, hanno allargato la
protesta.
D. – Nella storia della Londra multietnica, come potrebbero
essere superate le ultime tensioni?
R. – E’ difficile dirlo, perché
in realtà Scotland Yard questa mattina diceva: “E’ tutto sotto controllo, si tratta
solo di poche centinaia di giovani”. In realtà, “poche centinaia di giovani” possono
causare danni straordinari: ci sono stati oltre cento arresti, 40 persone sono finite
all’ospedale, un’infinità di negozi sono stati saccheggiati o incendiati. Ci sono
moltissime possibilità di controllare questa vicenda, ma non sarà una cosa banale.
(gf)