2011-08-08 20:34:17

Onu e Lega Araba chiedono la fine della repressione in Siria. Il regime sempre più isolato


In Siria non si arresta l'offensiva militare delle truppe governative di Damasco contro la città orientale di Dayr az Zor. Secondo all'Osservatorio Siriano per i diritti umani una donna e i suoi due bambini sono stati uccisi mentre cercavano di fuggire dalle violenze. Almeno 4 morti e decine di feriti a Deraa. E mentre aumenta l’isolamento internazionale del regime e la richiesta di cessazione delle violenze, Il presidente al-Assad ha nominato un nuovo ministro della Difesa. Massimiliano Menichetti RealAudioMP3


Per un commento sull'attuale situazione della Siria sentiamo il commento di Camille Eid, giornalista esperto di questioni mediorientali di Avvenire, al microfono di Francesca Smacchia:RealAudioMP3

R. – Oggi abbiamo sentito l’appello del re saudita Abdullah, che si è unito al coro delle proteste e agli appelli a fermare l’impiego dei militari. Questa è un’indicazione molto forte perché il Consiglio dei Paesi del Golfo era già intervenuto collettivamente, ma adesso, la voce del re saudita che chiede di fermare subito – come diceva – “questi massacri” è un’indicazione di una presa di posizione araba simile a quella che gli arabi del Golfo avevano preso nei confronti della Libia di Gheddafi. La Siria non può sopravvivere economicamente senza l’aiuto di questi Paesi, e quindi questa presa di posizione rappresenta una minaccia. Sappiamo, poi, che domani dovrebbe giungere a Damasco il ministro degli Esteri turco, portatore di un ultimo messaggio alla Siria. Si dice che il tono sia duro … Quello che dispiace è che la risposta della diplomazia siriana, del ministero degli Esteri, afferma che se “i turchi dovessero portarci un messaggio duro, risponderemo con un tono altrettanto duro”. Il che significa che il regime non ha imparato nulla da tutti questi appelli!

D. – Quindi il mondo arabo si sta mobilitando; c’è anche la rottura tra Erdogan – quindi tra la Turchia – e il presidente siriano Bashar al Assad, una volta alleati ed amici. Questo influirà in qualche modo nelle decisioni, nelle repressioni alle quali stiamo assistendo ormai da mesi?

R. – Dovrebbe influire! La Turchia era amica della Siria; Erdogan, in particolare, aveva incoraggiato Assad ad intraprendere la via delle riforme … Quindi, era un amico, come lo era la Russia. Ma ora vediamo che questi due Paesi hanno incominciato ad usare toni molto duri nei confronti di Damasco. Lo stesso si può dire dei Paesi arabi: perché hanno aspettato cinque mesi per intervenire? Perché anche loro sono in una brutta situazione ed intervenire a favore di riforme potrebbe significare sentirsi rispondere: “Anche tu, re saudita, devi introdurre delle riforme nel tuo Paese!”. Temevano, quindi, critiche di questo tipo. Ecco, la Siria ha cercato di giocare sulle contraddizioni. Ma oggi, quando questi massacri avvengono nel mese di Ramadan che per gli arabi – o per i musulmani in generale – dev’essere un mese di preghiera, di digiuno e nel quale l’uso della forza è completamente bandito, vedere che cadono 50, 60, 70 morti, un centinaio di morti, è un’azione inaccettabile per qualsiasi musulmano.

D. – Il ruolo anche di Hezbollah, e soprattutto dell’Iran …

R. – Hezbollah ha negato di essere coinvolto direttamente negli eventi militari e di aver ucciso soldati anti-regime. L’Iran, così come Hezbollah, appoggia il regime siriano per un motivo semplice: perché considerano l’azione nel suo insieme, cioè guardano ai problemi del Medio Oriente come al campo di coloro che vogliono fare la pace con Israele, quindi il campo “americano”, come lo definiscono, e poi c’è il campo – o l’asse – Teheran-Damasco. Quindi, Teheran teme di perdere un alleato importante e questo la mette in una situazione un po’ imbarazzante, perché se l’Iran era a favore della rivoluzione in Egitto, a favore della rivoluzione in Tunisia, nello Yemen e nel Bahrein, essendo una maggioranza sciita, ma nell’attuale caso della Siria sostiene il regime: quindi, una situazione totalmente contraddittoria! Alla fine, dovrà cedere, dovrà optare per affiancarsi al popolo piuttosto che ad un regime che sta traballando. (gf)







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