Mons. Bertin: il clima in Somalia ricorda quello precedente all’operazione "Restore
Hope"
“Mi chiedo se quella di Al-Shabaab sia una ritirata strategica per far confluire a
Mogadiscio gli aiuti umanitari, per poi di colpo ritornare e prenderne una parte,
oppure se la loro dirigenza abbia invece avvertito la fortissima pressione internazionale,
in particolare da parte dei mass-media, che presentano gli Shabab come nemici del
proprio popolo, ed ha quindi deciso di lasciare temporaneamente la scena della capitale
somala”. Così mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti e amministratore apostolico
di Mogadiscio, ha commentato all’Agenzia Fides il ritiro delle milizie islamiste dalla
capitale del Paese. “Una terza ipotesi è che vi sia a livello internazionale un desiderio
di un intervento militare diretto in Somalia”, ha detto il presule che ha poi aggiunto:
“questa forte visibilità della Somalia nei media internazionali mi ha fatto ripensare
al 1991-92 quando vi fu una fortissima campagna mediatica che ha preceduto l’operazione
“Restore Hope” del 1992”. A proposito della carestia che sta colpendo il Paese, il
vescovo di Gibuti ha poi affermato che in Somalia “il numero di somali che si spostano
verso il Kenya, l’Etiopia e, ultimamente, anche verso Mogadiscio, indica che la situazione
è drammatica”, ma che “tutta questa insistenza a livello mediatico sulla Somalia come
‘occhio del ciclone’ della crisi alimentare nel Corno d’Africa, fa nascere il dubbio
che sia il preludio a un intervento militare umanitario”. (M.R.)