Il patriarca greco melkita di Damasco: pace, libertà e democrazia per la Siria
Come ha esortato il Papa all’Angelus, l’auspicio è che in Siria si ristabilisca quanto
prima la pacifica convivenza. Su queste parole pronunciate dal Santo Padre si sofferma,
al microfono di Marco Guerra, il patriarca greco melkita di Damasco, Gregorio III
Laham:00:01:43:18
R. – Voglio veramente dire grazie al Papa per la
sua sollecitudine e per il suo amore verso il Medio Oriente: ha convocato il Sinodo
speciale per il Medio Oriente, tenutosi nel 2010, che si è rivelato per noi veramente
una preparazione per affrontare la difficile situazione di questi mesi, di questo
anno. Con il Santo Padre siamo anche noi in preghiera, in cenacolo, soprattutto in
questo mese mariano in Oriente. Abbiamo invitato tutti i nostri cristiani a pregare
nelle chiese ogni giorno per la pace e per la riconciliazione, anche con i nostri
fratelli musulmani per affrontare insieme questa situazione.
D. – Quale
è il suo appello in questo momento così difficile?
R. – Voglio, allo
stesso tempo, con Sua Santità, con la sua voce così forte, richiamare l’Europa e pure
l’America, perché facciano in modo di risolvere il conflitto israelo-palestinese,
che aiuterebbe molto tutti i Paesi arabi, con Israele, ad avere un avvenire migliore.
Credo che questa soluzione sia importante per noi.
D. – Quali i timori
e le speranze della comunità cristiana?
R. – Non abbiamo paura dell’islam,
abbiamo paura che subentri il caos come in Iraq. E vogliamo dire anche ai cittadini
arabi – cristiani e musulmani – in questa situazione, sia in Libano che in Libia,
che in Egitto, che in Oman e in Yemen: “Amatevi l’uno con l’altro”. Noi possiamo con
l’amore di Dio per noi cristiani e musulmani superare questa crisi e questa situazione
tragica del mondo arabo e continuare insieme - cristiani, musulmani e arabi - la via
della pace, del progresso, della libertà e della democrazia.(ap)
Sull’appello
del Papa per la Siria ascoltiamo anche il commento del nunzio apostolico nel Paese,
mons. Mario Zenari, intervistato da Marco Guerra:00:02:15:22
R. –
Ricordo che è la seconda volta che il Santo Padre fa un appello accorato per la situazione
in Siria. Questo fa vedere come al Papa stia a cuore questa area del mondo medio orientale.
Ricordo che la Siria è chiamata, a ragione, “la culla del cristianesimo”. Dopo Gerusalemme,
il cristianesimo ha preso terreno qui, in questa regione. Questa terra, nei primi
sette secoli, ha dato ben sei Papi alla Chiesa. Occorre ricordare che la Siria è stata,
ed è tuttora, un Paese esemplare dal punto di vista dell’armonia tra le varie confessioni
religiose, per il rispetto mutuo tra la maggioranza musulmana e la minoranza cristiana.
Noi vogliamo sperare che questo clima possa continuare e vogliamo pregare affinché
si trovi il modo, anzitutto, di far cessare lo spargimento di sangue.
D.
– Il Papa ha lanciato anche un appello alle autorità e alla popolazione, perché si
ristabilisca la convivenza. L’apertura al multipartitismo, l’annuncio delle elezioni
vanno in questa direzione?
R. – Naturalmente, occorre che questo sia
fatto anche nel quadro di un dialogo nazionale, che, purtroppo, trova ancora degli
intoppi. Vogliamo sperare che ci sia buona volontà. Il Papa giustamente incoraggia
la buona volontà degli uni e degli altri. Occorre un supplemento di buona volontà
da ambo le parti, delle autorità e dell’opposizione.
D. – Quale contributo
può dare la comunità cristiana?
R. – L’apporto dei cristiani penso sia
fondamentale. Più di un sacerdote mi ha fatto osservare che i cristiani hanno questa
caratteristica: sono ponte fra le diverse etnie, un ponte per trovare una soluzione
di riappacificazione e di concordia. (ap)