In San Pietro e a Castel Gandolfo il ricordo di Paolo VI a 33 anni dalla morte
La figura e l’opera di Paolo VI sono state rievocate ieri, trentatreesimo anniversario
della sua morte in due celebrazioni, una nella Basilica di San Pietro e l’altra nella
chiesa parrocchiale di San Tommaso da Villanova a Castel Gandolfo. Nell’omelia della
Messa celebrata nella Basilica vaticana – riferisce L’Osservatore Romano - l’arcivescovo
di Trieste, mons. Giampaolo Crepaldi, ha inserito il ricordo del Pontefice bresciano
nel suo rapporto profondo con l’Eucaristia. Egli «costruì la sua spiritualità — ha
detto — sull’Eucaristia, celebrata ed adorata. I pomeriggi delle domeniche — non impegnati
nei viaggi apostolici o nelle visite alle parrocchie romane — venivano trascorsi nella
sua cappella, resa preziosa da opere di artisti da lui apprezzati e conosciuti, davanti
al tabernacolo, dove rimaneva in lunga e orante adorazione, affidando a Cristo eucaristico
problemi e soluzioni per il rinnovamento spirituale e pastorale della Chiesa». Il
presule ha poi sottolineato come l’Eucaristia, assieme alla preghiera del Rosario,
contraddistinse la pietas di Montini. «L’educazione giovanile presso i sacerdoti dell’oratorio
delle Grazie di Brescia — ha aggiunto — dove l’amore alla liturgia e lo spirito liturgico
comunicato da uomini di formidabile statura, quali il futuro cardinale Giulio Bevilacqua
ed il futuro vescovo di Crema monsignor Carlo Manziana, influì in maniera determinante
sulla formazione spirituale del giovane Montini. I suoi soggiorni nell’abbazia benedettina
di Engelberg in Svizzera e le Settimane a Camaldoli affinarono il suo spirito ad una
vita eucaristico-liturgica actenta ac devota». Monsignor Crepaldi ha ricordato come
Montini «era solito leggere davanti al tabernacolo della sua cappella nell’arcivescovado
le lettere che gli pervenivano dai più stretti collaboratori del Santo Padre». Parlando
del ministero petrino di Paolo VI, l’arcivescovo ha evidenziato come «pur in una rispettosa
attenzione verso ogni realtà culturale sociale e religiosa, era ben consapevole della
missione che il Signore gli aveva affidato. A Ginevra, nell’ambito di un incontro
ecumenico, davanti ai rappresentanti delle Chiese sorelle e delle comunità ecclesiali
affermò: “Sono Pietro e in virtù di questo pondus indico e cerco con voi la strada
della verità e dell’unità”. Quel memorabile discorso — come fu confidato da monsignor
Macchi ad un sacerdote suo collaboratore per la causa di beatificazione di Paolo VI
— lo limò, lo lesse e rilesse davanti all’Eucaristia. È proprio nell’Eucaristia, vero
Corpo e Sangue di Cristo, mistero grande della nostra fede, che si deve cercare l’anima
apostolica di Paolo VI». Per questo, «la strada del dialogo, da lui indicata quale
attenzione di carità evangelica per l’offerta della verità all’uomo moderno, sia credente
che non credente, trae le sue radici da quel dialogo fatto Persona che è Cristo Gesù,
il quale continuamente si pone alla ricerca di chi è smarrito o si è allontanato».
Il vescovo di Albano, monsignor Marcello Semeraro, nella Messa celebrata nella parrocchia
pontificia di San Tommaso da Villanova in Castel Gandolfo ha riproposto ai fedeli
alcuni passi del magistero di Papa Montini, a cominciare dalla sua prima lettera pastorale
per la Quaresima del 1955, subito dopo il suo arrivo a Milano. «Tu ci sei necessario,
Cristo; — scriveva il Pontefice —Tu ci sei necessario o solo vero Maestro, delle verità
recondite e impensabili della vita…».