Storico incontro in Giappone tra il presidente filippino e il capo del principale
gruppo separatista musulmano, il Fronte Moro di Liberazione. Entrambe le parti si
sono dette soddisfatte dell’incontro che darà un forte impulso ai negoziati di pace
in corso da oltre 14 anni. Il Fronte Moro, con 12 mila combattenti, ha rinunciato
alle proprie pretese indipendentiste e chiede la creazione di uno Stato autonomo nel
sud dell’arcipelago. Sull’importanza di questo incontro sentiamo Carlo Filippini,
docente di economia alla Bocconi ed esperto dell’area, intervistato da Stefano
Leszczynski.
R. – L’importanza,
naturalmente, è soprattutto emotiva. Si è rotto un tabù e il presidente delle Filippine
si è incontrato con il capo dei ribelli. Questo fa sperare in un cambiamento di prospettiva
nella politica di pacificazione del governo delle Filippine e, soprattutto, in una
minore resistenza da parte di alcuni gruppi di militari, in parte, ma non solo, che
si oppongono a questo processo di pacificazione.
D. – Un processo di
pacificazione che è iniziato 14 anni fa e che oggi ha portato i ribelli musulmani
e il governo filippino a intendersi grossomodo su quelli che potrebbero essere i termini
di un accordo...
R. – Entrambe le parti hanno fatto dei passi avanti
per motivi chiaramente diversi. Per quanto riguarda i ribelli, c’è stato un certo
indebolimento del sostegno popolare nelle zone meridionali, di Mindanao, dove la ribellione
musulmana è endemica. Da parte del presidente Aquino c’è un tentativo di rilanciare
le Filippine che, 50 anni fa, erano il Paese di punta in Asia orientale. Il presidente
Aquino sta cercando di risolvere problemi quali la corruzione, l’evasione fiscale,
che poi impedisce al governo di poter spendere in istruzione, di poter spendere nella
salute e di attirare, di conseguenza, dinamicità nell’economia negli investimenti
diretti esteri.
D. – Ci sono dei nemici di questo processo di pace?
Chi potrebbe essere interessato ad ostacolarlo?
R. – Certamente, come
sempre in tutti questi problemi, ci sono dei gruppi, tra l’altro forti, che non vogliono
rinunciare al potere e, in una certa misura, ai guadagni economici che sono acquisiti.
Sto pensando alle forze armate, a tutti quegli imprenditori, quelle imprese che guadagnano
appunto da una situazione di guerra. Queste forze dovrebbero essere però indebolite
da questo gesto altamente significativo dell’incontro fra il presidente e il capo
dei ribelli musulmani. (ap)