Siria ancora nel sangue: epicentro della repressione è sempre Hama, completamente
isolata dal resto del Paese. L'agenzia ufficiale siriana Sana scrive oggi che ''più
di 20 militari sono stati uccisi'' in un attacco contro il club degli ufficiali. E
l’esercito continua a presidiare la città e a sparare sui manifestanti impedendo la
preghiera islamica del venerdì; secondo gli insorti sono almeno 30 i morti nelle ultime
ore. Sullo sfondo resta il varo del decreto, firmato ieri dal presidente Assad, che
apre al multipartitismo. Una mossa considerata tardiva e inutile dalle opposizioni.
La nuova legge elettorale, nasconderebbe infatti troppe condizioni per ostacolare
la formazione dei partiti. E ieri l’Unione Europea ha accolto con favore la firma
della dichiarazione Onu con la quale si condannano le violenze. Camilla Spinelli
ne ha parlato con Alessandro Politi, analista politico e strategico:
R. - Dal
punto di vista pratico la dichiarazione non sposta assolutamente nulla. Dal punto
di vista politico-diplomatico, invece, ognuno se la gira come vuole. Forse i tempi
sono prematuri per tentare una risoluzione. L’opposizione di Russia e Cina è molto
forte, ma è tradizionale, non è nulla di sorprendente.
D. - Ieri il
presidente siriano, Assad, ha firmato il decreto sul multipartitismo. Che significato
può avere, visto che comunque le repressioni continuano?
R. - E’ una
legge che ha vigore immediato. D'altra parte c’è poi tutta una serie di clausole che
limitano il multipartitismo: e intanto si continua a sparare sui cittadini.
D.
- A questo punto, secondo lei, qual è lo scenario che si profila?
R.
- Lo scenario voluto dal regime è quello di tenere duro con delle finte concessioni
e nello stesso tempo di spaventare la popolazione. Lo scenario che rischia il regime,
invece, è un suicidio al rallentatore. (vv)