I vescovi croati sulla controversia tra Diocesi di Parenzo e Pola e Monastero Benedettino
di Praglia
Il Comitato permanente della Conferenza episcopale croata è intervenuta ieri con un
comunicato sulla controversia tra la Diocesi di Parenzo e Pola, in Croazia, e il Monastero
Benedettino di Praglia, in Italia, relativa a proprietà ecclesiastiche nel territorio
della Parrocchia di Dajla nella suddetta Diocesi. I vescovi croati si rivolgono ai
fedeli e a tutta la popolazione croata per cercare di contribuire alla comprensione
veritiera della situazione e per rigettare un approccio definito “inadatto, fuorviante
e nocivo per tutta la nostra società”. Questa questione “piuttosto intricata – afferma
il comunicato - va considerata anzitutto come intra-ecclesiale” anche se è stata originata
da decisioni prese prima dal regime fascista e poi da quello comunista; regimi che
hanno attuato persecuzioni e violazioni di diritti umani fondamentali, confiscando
le proprietà sia ai singoli sia alle istituzioni, come accaduto ai Benedettini a Dajla.
Senza entrare nel merito delle decisioni degli organi giudiziari croati e delle loro
ragioni – afferma il comunicato - rimane il fatto che nel 1999 la proprietà benedettina
è passata alla Parrocchia di Dajla, nella Diocesi di Parenzo e Pola. Successivamente,
la Diocesi e l’Abbazia di Praglia, in quanto persone giuridiche ecclesiastiche, ben
conoscendo tutto ciò che era successo con l’alienazione e la restituzione della proprietà,
sulla base delle prescrizioni canoniche si sono impegnate a ricercare la via migliore
affinché ciò che era stato restituito venisse ripartito in modo equo. Anche grazie
al contributo offerto dalla Congregazione per i Vescovi e dalla Congregazione per
gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica - continua il comunicato
- tra la Diocesi di Parenzo e Pola e l’Abbazia di Praglia si era arrivati all’accordo,
firmato a Roma il 17 maggio 2006, sulla divisione della proprietà a metà. Ma poiché
non era stato possibile attuare l’intesa, il Papa nel 2008 nominava una commissione
cardinalizia: questa, nel novembre 2010, consegnava i risultati del proprio lavoro
al Santo Padre che, sulla base di essi, prendeva la sua decisione. Il comunicato ricorda
quindi il rifiuto del vescovo di Parenzo e Pola, Ivan Milovan, di firmare il documento
che avrebbe chiuso le pluriennali trattative e la successiva nomina da parte del Santo
Padre di un suo delegato come firmatario di tale documento. Questo – spiega il comunicato
– allo scopo di attuare decisioni intra-ecclesiali con le quali in nessun modo si
intendeva danneggiare la Diocesi di Parenzo e Pola. Al contrario – prosegue il testo
- senza tali accordi sarebbero rimasti poco chiari i rapporti tra le due istituzioni
all’interno della stessa Chiesa. “Noi Vescovi – conclude il comunicato – continueremo,
nel rispetto delle varie posizioni, a coltivare e promuovere l’unità ecclesiale. Rimaniamo
fermi nell’unità del Ministero episcopale, in particolare nel rispetto delle decisioni
e nell’amore verso il Santo Padre, la Santa Sede e le varie istituzioni ecclesiastiche,
impegnandoci per la giustizia e rifiutando tutto ciò che potrebbe danneggiare la pace
tra i fedeli, le nazioni e gli Stati. Come tante volte si è dimostrato nel passato,
solamente guidati dalla verità e dalla giustizia possiamo testimoniare anche il nostro
amore verso la patria croata”.