2011-08-04 15:10:15

Prosegue la marcia palestinese verso l'adesione alle Nazioni Unite


I palestinesi sono determinati a proseguire lungo la strada che a settembre li porterà a chiedere all’Assemblea generale dell’Onu l’adesione dello Stato Palestinese all’organizzazione internazionale. La dichiarazione del negoziatore palestinese Saeb Erekat arriva in risposta all’apertura del governo israeliano a riprendere i negoziati di pace sulla base del piano proposto dall’amministrazione Obama, e cioè il riconoscimento delle linee di armistizio del 1967 come confini tra i due Stati. Sul significato della richiesta palestinese di adesione all’Onu sentiamo Giorgio Bernardelli, esperto di Medio Oriente, intervistato da Stefano Leszczynski:RealAudioMP3

R. - Il problema vero di questa mossa è cosa succederà dopo. Ormai, a questo punto, è abbastanza scontato: è molto probabile che se questa votazione arriverà in aula alle Nazioni Unite una larga maggioranza dei Paesi che aderiscono all’Onu riconoscerà lo Stato palestinese; d’altra parte, però, un voto all’Assemblea delle Nazioni Unite non risolve certo le contraddizioni che da mesi tengono fermo il negoziato.

D. - Quindi le aperture fatte da Netanyahu nei giorni scorsi tornando a parlare della mediazione proposta da Obama sembrano un po’ lasciare il tempo che trovano?

R. - E’ assolutamente una mossa che non ha alcuna possibilità di successo. Ormai non si vede perché l’Autorità nazionale palestinese che ha puntato tutto su questo voto dovrebbe fare retromarcia su un processo di pace che partirebbe ad un mese da questo appuntamento e senza alcuna chiarezza su quelli che sono gli obiettivi.

D. - Gli Stati Uniti, con l’amministrazione Obama, si sono espressi in favore della nascita in futuro di uno Stato palestinese e anche della necessità che questo avvenga. Allo stesso tempo si è avuto un po’ un raffreddamento delle relazioni con Israele. La domanda di adesione all’Onu come verrebbe accolta?

R. - Obama ha sempre cercato, in ogni modo, di scoraggiare questo passo da parte dell’Autorità nazionale palestinese perché ovviamente mette Washington in una posizione molto delicata: per la diplomazia di Washington votare all’Onu a favore dello Stato palestinese è impensabile e vorrebbe dire sostanzialmente scaricare Israele. Nello stesso tempo, anche di fronte a questa situazione, Washington avrebbe bisogno di un’alternativa che oggi sul terreno non c’è. Di qui, anche i tentativi che sono stati fatti di riavviare il negoziato. Il problema è che Obama si è scontrato con un muro, ha provato ad imporre la sua visione, provando a mettere al centro la questione degli insediamenti, provando a far ripartire il processo di pace attraverso uno schema diverso rispetto a quello che aveva previsto George Bush: è andato incontro ad una sconfitta, una sconfitta abbastanza evidente. La dimostrazione più chiara sono state le dimissioni qualche mese fa del suo inviato per il Medio Oriente, George Mitchell. (bf)







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