Prima udienza del processo a Mubarak, in barella dietro le sbarre
Si è conclusa al Cairo la prima udienza del processo contro l’ex presidente egiziano
Hosni Mubarak e i suoi due figli, oltre ad alcuni alti funzionari legati al vecchio
regime. Le accuse spaziano dai reati di corruzione alla responsabilità per la morte
di oltre 800 manifestanti nel corso delle manifestazioni dell’inverno scorso. Gli
imputati hanno negato ogni responsabilità nella repressione della rivolta. La prossima
udienza è prevista il 15 agosto. Il servizio è di Stefano Leszczynski.
Il processo
contro l’ex presidente egiziano Hosni Mubarak non poteva iniziare in maniera più drammatica,
con il raìs portato in barella fin dentro la gabbia degli imputati e fuori dell’aula
del tribunale una folla inferocita. Il processo è ricominciato in tarda mattinata,
dopo una breve sospensione, ed è ripreso in diretta dalla tv egiziana che lo ritrasmette
nelle strade con enormi maxischermi. Nella capitale la tensione è altissima. Centinaia
di agenti in assetto antisommossa sono stati dispiegati per dividere i manifestanti
pro e contro Mubarak, che hanno dato vita una fitta sassaiola, con un bilancio di
circa 50 feriti, davanti a uno degli ingressi dell’Accademia di polizia, dove si svolge
il processo. Presidiata dalla polizia anche piazza Tahrir, epicentro della protesta
popolare che provocò la caduta del Rais. "Vogliamo lavorare nella calma e dateci la
possibilità di fare un processo giusto e corretto", ha esordito il presidente della
corte d'assise del Cairo Ahmed Rifaat rivolto ai numerosi avvocati presenti. Sono,
infatti, 11 imputati presenti, compresi i figli del presidente deposto l’11 febbraio
scorso, Gamal ed Alaa, l'ex ministro dell'Interno, Habib al-Adli, vestito con una
tuta blu, il colore dei condannati, perché su di lui si è già abbattuto un primo verdetto
per malversazione di fondi pubblici. Ci sono poi sei alti ufficiali della polizia
e un ex uomo d'affari vicino ai Mubarak arrestato in Spagna. Davanti ai giudici Mubarak
e i suoi due figli dovranno rispondere dei reati di corruzione, abuso di potere e
omicidio plurimo aggravato per l'uccisione di decine di manifestanti nel corso delle
dimostrazioni dell'inverno scorso, in cui morirono 800 persone e oltre 6mila furono
ferite. Hosni Mubarak e i suoi figli dalla gabbia hanno respinto tutte le accuse.
Per la durata del processo l’ex presidente resterà ricoverato in regime di detenzione
in un ospedale che si trova all'interno del complesso dell'Accademia di polizia del
Cairo.
Ma cosa potrà cambiare nel Paese il processo a Mubarak? Luca
Collodi lo ha chiesto al padre gesuita Samir Khalil Samir, egiziano, professore
all’Université Saint Joseph di Beirut e al Pontificio Istituto Orientale di Roma:
R. – Questo
non cambierà le cose, ma è importante. Io un tempo mi dicevo: potremmo perdonare,
è un uomo di 83 anni … ha sbagliato e basta. Ma penso che un processo sia utile, purché
non sia una specie di vendetta. Si tratta di mostrare il giusto e il falso e perché
questo governo che è durato 30 anni, quasi 31, ha sbagliato. Deve essere una lezione
per il popolo e per il prossimo governo che verrà, per dire: tutti possono essere
giudicati. Noi invece abbiamo sempre vissuto così, nessun capo è mai stato giudicato
nel mondo arabo islamico. Dobbiamo imparare ancora a entrare in un sistema democratico
per entrare nel mondo moderno.
D. – Si è parlato con grande speranza
di “primavera araba” nei mesi scorsi, ma la sensazione è che in Egitto, ma forse anche
in altri Paesi dell’area, la primavera araba abbia una svolta in senso islamico. Lei
è d’accordo su questa affermazione, padre Samir?
R. - Sì, è vero, è
una realtà e si può capire perché in quasi tutti i Paesi arabi si è cercato di contenere
il movimento islamico che era di tendenza estremista. Adesso che c’è libertà, o almeno
un vento di libertà, questi movimenti sono apparsi. Inoltre sono apparsi con forza
proprio perché erano oppressi e questo era il pretesto dei governi che in modo un
po’ dittatoriale o molto dittatoriale dicevano all’occidente: vedete, l’oppressione
è necessaria per tenere buoni gli islamici. In Egitto ci sono due grandi tendenze
islamiche: quella dei Fratelli musulmani, fondata in Egitto nel 1928 e sempre fortissima,
e la nuova tendenza dei salafiti, ancora più dura e più integralista. Attualmente
si pensa che alle prossime elezioni la tendenza islamista rischi di avere una piccola
maggioranza.
D. – Padre Samir, in questo quadro quale potrà essere il
ruolo dell’esercito? Alcuni temono che ci siano compromessi con il fronte islamico…
R.
– Un po’ di compromesso c’è. Il ruolo primario è quello di stabilire l’ordine. In
questo momento in Egitto, al Cairo in particolare, nelle città, c’è molto disordine:
c’è gente che ruba, il traffico è irregolare, la gente non osserva le norme che un
pochino si osservavano … Dunque ci si aspetta che l’esercito metta ordine. Questo
lo può fare se è ben gestito. E’ vero che la tendenza adesso è più a favore dell’islam
e la gente tende a seguire la maggioranza e anche dentro l’esercito, che di solito
era neutrale, c’è una tendenza islamistica.