2011-08-01 15:43:43

Proteste in Israele contro il carovita


Il governo israeliano alle prese con un vasto movimento di protesta per il carovita mostra segnali di debolezza. Domenica oltre 150mila persone sono scese in piazza a Tel Aviv per manifestare contro le mancate riforme economiche e la continua crescita dei prezzi per i beni primari. Una situazione che ha portato alle dimissioni del direttore del ministero delle Finanze Haim Shani. Il premier Netanyahu per tacitare il dissenso ha annunciato una revisione delle priorità di spesa nel bilancio statale, ma rischia di scontentare la componente ultraortodossa fondamentale per la tenuta dell’esecutivo. Su questa crisi interna ad Israele Stefano Leszczynski ha intervistato Eric Salerno, corrispondente per il Medio Oriente del quotidiano Il Messaggero:RealAudioMP3

R. - La crisi arrivata in Israele è una crisi strisciante, che finalmente vede un movimento a livello popolare, perché i sindacati in Israele sono stati abbastanza zitti e controllati dal governo e dallo Stato in questi anni. Non sono stati per niente aggressivi. E’ vero che l’economia israeliana è un’economia forte, ma è anche vero che il costo della vita è altissimo in Israele.

D. - Considerato il vasto consenso popolare che c’è in questa protesta e il fatto che i media appoggino gli oppositori, c’è il rischio di una crisi di governo anche in Israele?

R. - Teoricamente sì. Netanyahu sta cercando di evitare questa crisi di governo e questo soprattutto perché mentre riesce a controllare tutte le pressioni politiche che riguardano il futuro dello Stato, riuscendo ad emanare leggi definite da molti media israeliani razziste nei confronti degli arabi, ma kartiste nei confronti della libertà di espressione, non è successo niente: la piazza non si è mossa. Direi anzi che non c’è stata piazza per questo. Per questioni economiche la gente invece comincia a muoversi e questi moti cominciano a turbare Netanyahu e la sua coalizione.

D. - In particolare queste manifestazioni avvengono in un periodo molto difficile per tutta l’area: Israele è circondata da Paesi in sommovimento sociale, a partire dalla Siria…

R. - Certamente, però gli israeliani hanno da qualche anno un atteggiamento rispetto all’esterno molto freddo. Sì, si preoccupano di tanto in tanto della minaccia iraniana; ma non guardano con particolare attenzione - e stiamo parlando a livello popolare e non di analisti - a quello che sta succedendo nei Paesi limitrofi. C’è da ricordare, nell’ambito di questo discorso sul movimento popolare che in questo momento contesta il governo, che sono quasi un milione gli israeliani che vivono all’estero. E’ molto importante notare che per un Paese giovane come Israele, per un Paese che è nato per accogliere gli ebrei, ecco che questi ebrei hanno deciso di andare da qualche altra parte, perché trovano condizioni sociali migliori. Ci troviamo di fronte a dei giovani soprattutto che non riescono a permettersi una casa dove andare ad abitare… E questo ha rappresentato l’inizio di questa contestazione. (mg)







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