In Senegal resta tesa la situazione politica. La scorsa settimana due manifestazioni
di piazza contrapposte hanno segnato il culmine dei contrasti che da mesi oppongono,
in uno dei Paesi più poveri del mondo, l’ultraottantenne presidente Abdoulaye Wade
e i movimenti che contestano il suo governo. Nell’intervista di Davide Maggiore,
Anna Bono, docente di Storia e istituzioni dell’Africa all’Università di Torino,
ricostruisce gli inizi della crisi:
R. – La causa
scatenante è stata la decisione, annunciata dal presidente in carica, di ricandidarsi.
La contestazione deriva dal fatto che Wade sta concludendo il suo secondo mandato
e quindi non potrebbe ricandidarsi. A questa decisione si aggiunge il fatto che è
stata proposta una serie di modifiche costituzionali in base alle quali la percentuale
minima di preferenze per essere eletti al primo turno scendeva dal 50 per cento al
25 per cento, il che per un presidente in carica equivale praticamente all’elezione
assicurata. In aggiunta, poi, veniva istituita la carica di vice presidente che, nelle
intenzioni del presidente Wade, sarebbe andata a suo figlio Karim, il che prefigurava
una possibile successione dinastica. Il 23 giugno scorso, mentre il Parlamento stava
per approvare questi emendamenti, una prima imponente manifestazione è continuata,
nonostante l’intervento delle forze dell’ordine, con un vigore tale da indurre il
Parlamento a sospendere la seduta e a non votare.
D. – Chi sono i protagonisti
delle manifestazioni di piazza contro il presidente?
R. – Una parte
consistente di popolazione, soprattutto urbana e giovane, si sta mobilitando – e non
soltanto nelle piazze – per esercitare il proprio diritto al voto andando in massa
ad iscriversi alle liste elettorali.
D. – Ci sono differenze tra questo
tipo di movimenti di piazza e quelli che hanno dato vita alla cosiddetta “primavera
araba”?
R. – I Paesi in cui si sono verificati i disordini che sappiamo,
a confronto di quelli sub sahariani presentano un quadro sociale ed economico molto
più avanzato; e tuttavia, l’esasperazione della gente e forse anche l’esempio dei
risultati ottenuti altrove, sta dando vigore a proteste anche in Paesi che da anni
non manifestano segnali così importanti di disagio.
D. – L’opposizione
può veramente sperare di subentrare al capo dello Stato in carica, o il governo può
resistere alla pressione?
R. – Il governo può resistere alla pressione
e lo sta facendo: Wade ha ribadito con fermezza la sua intenzione di ricandidarsi,
senza nemmeno accennare alla possibilità di una verifica della legittimità costituzionale
di questa sua decisione. Inoltre, corrono voci di un rafforzamento delle forze dell’ordine,
dell’arrivo imminente o già avvenuto di mercenari provenienti dalla Nigeria e dalla
Costa d’Avorio, pronti ad intervenire per reprimere le piazze … La capacità di resistenza
delle masse urbane ha indubbiamente un limite e bisogna ricordare che si tratta anche
di situazioni in cui la capacità di resistenza della popolazione è fortemente compromessa
da livelli di povertà elevatissimi. Le conseguenze di una prova di forza possono essere
estreme. (gf)