2011-07-31 13:03:11

Emergenza carestia in Somalia: incessante affluenza di profughi


Come ricordato anche oggi dal Papa all’Angelus, è ancora emergenza in Somalia, dove siccità e carestia stanno mettendo in ginocchio il Paese ormai da settimane colpendo circa 12 milioni di persone. Incessante l’affluenza dei profughi, in fuga dalla fame e dalla sete: circa 2.500 persone affluiscono ogni giorno nel solo Kenya. Immediato il supporto fornito da diverse associazioni umanitarie sul posto: tra queste anche la Caritas, che si sta mobilitando in collaborazione con le diocesi locali, fornendo assistenza sanitaria, acqua e cibo. Fausta Speranza ha intervistato Paolo Beccegato responsabile dell’area internazionale della Caritas:RealAudioMP3

R. – Bisogna distinguere l’emergenza dal problema complessivo, dalla causa. Sull’emergenza c’è stata una grande mobilitazione, c’è il coinvolgimento di tutti i governi, la Somalia dà segnali di apertura. Quindi speriamo veramente che si possa far fronte alla situazione di carestia che colpisce più o meno 12 milioni di persone, un numero impressionante di famiglie, di popolazioni. Per quanto riguarda le cause, quindi la siccità, è chiaro che tutto dipenderà da come sarà l’evolversi delle precipitazioni ma anche dalle politiche che si metteranno in atto. E’ presumibile che per tutto il 2011 il problema non si risolverà alla radice e quindi l’allarme dell’Onu penso sia giustificato e vada considerato con la massima attenzione da tutti i governi di questi otto Stati che sono stati colpiti dalla carestia.

D. - Che cosa sa di più di questi ponti aerei?

R. – Il ponte aereo è particolarmente importante nella Somalia propriamente detta, quindi il sud, anche se non bisogna dimenticare il Puntland e il Somaliland. La parte più anarchica, più difficoltosa, dal punto di vista della raggiungibilità per le condizioni di sicurezza è il sud ed è anche la zona più colpita dalla siccità. Quindi è molto importante che questo ponte aereo continui anche nelle prossime settimane. Questo non basta se poi non si prendono le misure alla radice.

D. - Quali dovrebbero essere queste misure alla radice?

R. - C’è tutto il problema della desertificazione: la Convenzione contro la desertificazione del ’96 non è mai stata applicata. La desertificazione ha delle cause e non è dovuta solo alla diminuzione delle precipitazioni, ma a tutta una serie di fattori che, di fatto, poi fanno sì che il Sahara continui ad espandersi verso sud e che vede già da anni un allarme rosso rispetto a questo fenomeno e alle sue conseguenze sia in termini di produzione di cibo, sia in termini anche di conflittualità per le poche terre fertili che restano a disposizione. In questo senso c’è tutta una serie di studi che denunciano la guerra in Sudan, le tensioni in Ciad, il conflitto interno in Somalia, tra Etiopia e Eritrea, come cause principali ma anche mettono in luce che i piani per la fertilizzazione, la potabilizzazione delle acque, e tutto ciò che viene, devono essere sostanzialmente applicati negli anni e non solo in questa fase di emergenza.

D. – Il presidente degli Stati Uniti Obama ha detto che non è stata ancora attirata l’attenzione internazionale in modo sufficiente. Lei che ne pensa?

R. – Sono d’accordissimo, il Papa probabilmente è stato il primo ad alzare la voce e da allora forse un po’ più di attenzione c’è. Il problema è che questo va mantenuto nel tempo. Le promesse che adesso stanno facendo i governi e le istituzioni internazionali poi vanno mantenute: cosa che nel passato non si è verificata. In questo caso oltre all’emergenza c’è da riconsiderare complessivamente la situazione nel Corno d’Africa che è una delle peggiori al mondo e lo vediamo in termini di perdite di vite umane e di danni su bambini, donne e popolazioni deboli. (bf)







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