Libia: giallo sull'uccisione del comandante militare degli insorti
In Libia continuano i raid dell’Alleanza atlantica su Tripoli e i combattimenti tra
le truppe di Gheddafi e i ribelli. Intanto restano ancora oscure le circostanze della
morte di Abdel Fatah Younes, capo di stato maggiore degli insorti, ucciso giovedì
sera. Il servizio è di Davide Maggiore:
Il Consiglio
nazionale transitorio, organo di governo dell’opposizione, ha annunciato oggi l’apertura
di un’inchiesta sulla morte del suo comandante militare, che prima di unirsi alla
ribellione era stato ministro degli Interni di Gheddafi. Il capo delle milizie responsabili
dell’omicidio, hanno detto le autorità di Bengasi, è già stato arrestato, ma si ignora
chi abbia ordinato l’azione. In un primo momento gli insorti avevano denunciato un
intervento “molto chiaro” di Gheddafi nell’accaduto: una seconda versione parla però
di un’esecuzione dovuta a sospetti di tradimento, o a rivalità tra capi militari.
Esecutori del regolamento di conti sarebbero stati gli stessi miliziani ribelli che
stavano scortando Younes a Bengasi, dove avrebbe dovuto essere interrogato. Per il
governo di Tripoli, invece, l’omicidio sarebbe da attribuire ad al Qaeda, che vorrebbe
marcare la sua presenza in un territorio che, sostengono i fedelissimi del Rais, i
ribelli non riescono a controllare. E secondo i lealisti sarebbero circa 190 gli insorti
uccisi dall’esercito sul fronte occidentale negli ultimi giorni. Intanto tre ripetitori
della televisione attraverso cui il Colonnello trasmette i suoi discorsi sono stati
colpiti durante i bombardamenti della Nato. Raid a cui, da oggi, non parteciperà più
la Norvegia, che ha ritirato, come già previsto da tempo, i sei aerei messi a disposizione
dell’Alleanza.
Nel Paese, intanto ci si prepara, come nel resto del mondo
musulmano, al Ramadan, il mese del digiuno islamico che verrà celebrato dal primo
agosto. Sul significato del Ramadan in questo Paese martoriato dalla guerra, Cristiano
Tinazzi ha raccolto la riflessione di mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, vicario
apostolico di Tripoli:
“La forza
dell’esperienza del Ramadan, nel contesto della società arabo-musulmana, è un messaggio
di speranza, e vedo attualmente nella società libica qualche segno di speranza, nonostante
le lotte interne, nonostante le bombe, vedo questo messaggio che nasce proprio dalla
fede di questa gente. La gente prega, ci sono persone che dicono: “padre, noi preghiamo,
io so che lei prega, ma anche la nostra preghiera è ascoltata dal Signore”. Quindi,
voglio dire che è la speranza quella che sostiene, nel cammino per poter risolvere
questa situazione. Il libico ha sopportato troppo adesso, ha bisogno di riconciliarsi
con i propri fratelli".