Tensione in Kosovo, il vicario generale don Gjergji: Belgrado e Pristina affrontino
insieme la crisi
Resta alta la tensione al confine tra Kosovo e Serbia. La situazione si è aggravata
mercoledì scorso, quando il governo di Pristina ha inviato agenti di polizia e doganieri
in una parte del territorio kosovaro rimasto fedele a Belgrado. Poco dopo, alcuni
gruppi di serbi kosovari hanno dato alle fiamme il valico di Jarinje, ora sotto il
pieno controllo delle forze della Nato. Il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha inoltre
respinto la richiesta, formulata dalla Serbia, di indire una riunione straordinaria.
Ma come spiegare questo deterioramento della situazione nell’area al confine tra Serbia
e Kosovo? Luca Collodi lo ha chiesto a don Lush Gjergji, vicario generale
dell’amministrazione apostolica in Kosovo:
R. – Penso
che sia una reazione agli incontri che ci sono stati a Bruxelles fra il Kosovo e la
Serbia, sotto il patronato della Comunità Europea. Sono stati raggiunti alcuni risultati
concreti, come la libera circolazione delle persone e delle merci. Ma a qualcuno gli
accordi non vanno bene: gli estremisti serbi si sono ribellati a questi risultati
e a queste trattative e hanno cercato di provocare, in questa maniera, una crisi,
che, speriamo, sia a Belgrado che Pristina possano gestire insieme con la Comunità
Europea.
D. – Questa crisi, al confine tra Kosovo e Serbia, indica però
che il governo kosovaro vuole avere la sovranità su tutto il Paese?
R.
– Sicuramente, non esiste Paese al mondo che non possa gestire il proprio territorio
e quindi la frontiera e le dogane. I kosovari chiedono semplicemente la reciprocità,
cioè tutto quello che vale per noi kosovari deve valere anche per i serbi. Sono dodici
anni – troppi – che resistiamo in questa situazione e che si cerca di impedire al
Kosovo di poter espandere la giurisdizione su tutto il territorio.
D.
– A che punto è la convivenza all’interno del Kosovo, ad oltre dieci anni dalla fine
della guerra?
R. – Direi che va abbastanza bene, tranne il punto dolente
del Nord, perché con il processo della decentralizzazione si sono creati altri comuni
con prevalenza serba. Quindi, all’interno del Kosovo, direi che si vive abbastanza
normalmente.
D. – La presenza della forza militare Nato, della Kfor
in Kosovo, è ancora utile per il mantenimento della pace?
R. – Non solo
utile, ma direi anche indispensabile: è l’unica forza che non viene contestata da
nessuno e che sta facendo bene il suo lavoro. (ap)