Clima di commozione generale in Norvegia per i primi funerali delle vittime della
strage del 22 luglio
Bandiere a mezz'asta oggi in tutta la Norvegia dove si celebrano i primi funerali
delle 76 vittime delle stragi del 22 luglio. Ad Oslo, inoltre, è prevista una commemorazione
organizzata dal movimento giovanile del Partito laburista, bersaglio della strage
sull'isola di Utoya. Alla funzione prenderà parte anche il premier, Stoltenberg, e
gli esponenti del governo. Intanto c’è attesa per il secondo interrogatorio al quale
verrà sottoposto il 32.enne attentatore norvegese Andres Breivik. Il primo obiettivo
degli investigatori è quello di chiarire se l'uomo abbia agito da solo. Non cessa
intanto, a livello nazionale ed internazionale, il dibattito innescato da quanto accaduto
in Norvegia, sulla convivenza e il multiculturalismo, sulle spinte xenofobe e i timori
razzisti. Per conoscere meglio ciò che accade ora nella società norvegese, Gabriella
Ceraso ha raccolto la testimonianza di Helga Koinegg del Movimento dei
Focolari di Oslo:
R. - Ci sono
diverse voci in giro, questo è chiaro. Penso però che la cosa più importante sia che
la Norvegia, prima del 22 luglio 2011, era un’altra cosa, non si può fare più un confronto.
D.
- Come è cambiata?
R. - Anche qui, ad Oslo, ci sono ambienti musulmani
in cui, forse, il dialogo è più difficile. Ci sono anche dei politici che non sono
a favore degli stranieri. Invece adesso hanno affermato di voler cambiare il proprio
linguaggio e di voler avere un nuovo dialogo. Questa è una cosa totalmente nuova.
La Norvegia è un Paese davvero democratico, calmo: c’è una convivenza pacifica, ma
non ci si impegna più di tanto nel conoscere l’altro. Dopo il 22 luglio, invece, è
scattata una nuova fratellanza fra tutti: in qualche modo non esistono più musulmani
o cristiani, stranieri o norvegesi. Siamo diventati, tutti, un unico popolo.
D.
- La società come si spiega questo gesto di follia, di odio, da parte di un cittadino
norvegese?
R. - Ancora non se lo spiega, si è ancora tanto sotto shock,
il fatto è ancora troppo fresco nella memoria. Si pensa comunque che sia opera di
una persona, non di un gruppo. Una persona che si è formata da un’ideologia, non dipende
dall’essere musulmano o cristiano.
D. - Il premier norvegese, Stoltenberg,
ha ripetuto: “Cresceremo ancor di più in democrazia, apertura”…
R. -
Sì, adesso ognuno la pensa così. Ieri il principe Haakon ha visitato la moschea, e
questo non è mai avvenuto prima. Ha voluto recarsi lì proprio per parlare con loro,
perché tra i giovani, su quell’isola, c’erano anche dei musulmani.
D.
– Quindi il dolore, in questo senso, ha unito. Questo colpisce, perché non è una reazione
consueta, anche a livello governativo...
R. - Sì. Quest’azione ha tirato
fuori la cosa più positiva: riconoscere l’altro come fratello, al di là della convinzione
che si ha. Uno dei giovani diceva una cosa che è poi diventata uno slogan: “Se un
uomo, da solo, è capace di odiare così tanto, quanto noi saremo capaci di amare quando
siamo insieme?”. Un altro diceva che certo il futuro della Norvegia si farà adesso,
passo dopo passo, bisogna vedere come riusciamo a farlo. Penso che siano tutti dotati
di buona volontà e che questo dolore sia stato così grande che quasi ci obbliga a
fare qualcosa di più bello, a sfruttare le parole che abbiamo ascoltato in questi
giorni. (vv)