Si è spento mons. Pietro Sambi, nunzio negli Stati Uniti
Lutto nella Chiesa. Si è spento ieri sera a Baltimora, negli Stati Uniti, l’arcivescovo
Pietro Sambi, nunzio apostolico a Washington. Le sue condizioni di salute si erano
aggravate negli ultimi giorni dopo un intervento chirurgico al polmone. I funerali
si terranno nella Basilica dell'Immacolata Concezione a Washington, il prossimo 6
agosto, Festa della Trasfigurazione. Mons. Sambi era nato 73 anni fa a Sogliano al
Rubicone, diocesi di Rimini, ed era stato ordinato sacerdote nel 1964. Entrato nel
servizio diplomatico della Santa Sede nel 1969, ha prestato servizio prima in Camerun
e a Gerusalemme (1971) Cuba (1974), Algeria (1978), Nicaragua (1979), Belgio (1981)
e India (1984). Il 10 ottobre 1985 viene nominato arcivescovo titolare di Belcastro
e pro-nunzio apostolico in Burundi; il cardinale Jozef Tomko lo consacra vescovo il
9 novembre dello stesso anno. Nel 1991 viene nominato nunzio in Indonesia e successivamente,
nel 1998, assume l'incarico di rappresentante pontificio a Cipro e in Israele, nonché
quello di delegato apostolico per Gerusalemme e la Palestina, contribuendo a risolvere
l'assedio alla Basilica della Natività. Dal 17 dicembre 2005 è stato nunzio apostolico
per gli Stati Uniti d'America e osservatore permanente presso l'Organizzazione degli
Stati Americani. Come nunzio in Israele e delegato apostolico per la Palestina ha
svolto un’intensa opera per i cristiani di Terra Santa. Ecco una sua intervista rilasciata
alla Radio Vaticana nel 2003 in cui mons. Pietro Sambi sottolineava le difficoltà
di questa terra, ma senza mai perdere la speranza:
R. – In ogni situazione,
per triste e dolorosa che sia, dobbiamo sempre essere un seme di speranza. C’è differenza
tra ‘ottimismo’ e ‘speranza’. L’ottimismo è basato sul temperamento, la speranza è
basata sulla fede, sull’amore ed è a partire da questa fede, da questo amore che anche
nella situazione più difficile dobbiamo continuare a lavorare, a parlare in modo tale
da creare la convinzione che l’uomo è più grande dei suoi problemi, che Dio è più
grande dell’uomo. La via percorsa, quella della violenza, è una via sbagliata.
D.
– La situazione è dunque molto difficile…
R. – La situazione è estremamente
difficile, specialmente nella vita quotidiana. E’ una situazione dominata dalla paura,
da entrambe le parti. E’ una situazione dalla quale non solo la pace è scomparsa dall’orizzonte,
ma è scomparso anche l’orizzonte. E’ una situazione dove non c’è più verità. Ciascuna
parte si attribuisce tutti i diritti e attribuisce tutti i torti all’altra parte.
Occorre diventare veri. Papa Giovanni ha posto quattro pilastri alla base della pace.
Il primo è la verità, il secondo è la giustizia, il terzo è l’amore e il quarto è
la libertà.
D. – E intanto, i cristiani continuano a lasciare la Terra
Santa ...
R. – Vorrei porre l’accento non sui cristiani che lasciano,
ma su quelli che coraggiosamente, quali che siano le circostanze, hanno deciso di
restare. Certo, bisogna essere oggettivi, vedere il problema; ma bisogna essere attenti
anche a non produrre effetti negativi. A forza di parlare dei cristiani che partono,
non incoraggiare i cristiani a partire: bisogna apprezzare i cristiani che restano
e che hanno deciso di restare.
D. – Bisogna in qualche modo venire in
loro aiuto. Come?
R. – Bisogna venire in loro aiuto in molti modi. Ho
già più volte detto che farsi vedere, il pellegrinaggio è un aiuto a chi lo fa – il
pellegrinaggio – ma è anche un aiuto ai cristiani che vedono che i fratelli nella
fede si fanno presenti.
D. – Ma c’è una situazione di rischio, di pericolo
oggettivo per chi viene in Terra Santa oggi?
R. – Non c’è stato nessun
pellegrino martire. C’è una maniera di dare le informazioni che è un po’ terroristico.
Da Natale ad oggi ho ricevuto diversi gruppi di pellegrini, non grandi gruppi, ma
numerosi gruppi. Nessuno di loro ha avuto alcun problema, hanno potuto fare il pellegrinaggio
con grande arricchimento spirituale e anche essendo di grande utilità alla Chiesa
locale, ai cristiani del posto. E’ una esagerazione, questa paura. I posti di conflitto
sono noti. Non sono i posti dove passano i pellegrini.
D. – A questa
situazione si uniscono le preoccupazioni per un’eventuale guerra all’Iraq: penso che
in Terra Santa questa preoccupazione sia viva ...
R. – E’ viva non solo
in Terra Santa. Una guerra non è una barzelletta. Nessuno è in grado di calcolare
il costo umano di una guerra. Nessuno è in grado di controllare le conseguenze di
una guerra. Non si fa una guerra se non in caso di estrema necessità ed esauriti tutti
gli altri mezzi; in ogni caso, una guerra è sempre una sconfitta per l’umanità.