2011-07-27 14:52:53

L'ombra del default sugli Stati Uniti: continua il braccio di Ferro tra Obama e i repubblicani


L’ombra del default si allunga pericolosamente sugli Stati Uniti, dove resta lettera morta il compromesso – chiesto da Obama – sull’aumento del tetto del debito. L'appello del presidente sembra, dunque, cadere nel vuoto in Congresso, con i partiti che continuano a duellare, ma viene recepito dagli americani che, in massa, stanno intasando le linee della Camera per esercitare quella pressione sugli eletti che Obama ha chiesto nell’ultimo discorso alla nazione. Sentiamo Elena Molinari:RealAudioMP3

L’appello di Barack Obama per un compromesso sull’aumento del tetto del debito americano cade nel vuoto in Congresso dove i partiti sono sempre più lontani. Lo spettro del default tecnico si fa sempre più reale, i mercati continuano a restare calmi ma si preparano al peggio. Alla scadenza del 2 agosto mancano, infatti, solo sei giorni e in quella data il tesoro esaurirà l’opzione a sua disposizione per pagare i conti e le obbligazioni. “Un default sarebbe un cataclisma sull’economia”, avverte la Casa Bianca. Ma i repubblicani lanciano una nuova sfida: un disegno di legge presentano a Camera e Senato per un aumento del tetto del debito in due fasi e un taglio delle spese di tremila miliardi. Una misura alla quale Obama si oppone e sulla quale minaccia il veto. Ma il presidente ostenta anche fiducia, “se non altro perché - ha detto - causare una profonda crisi economica per motivi politici sarebbe avventato e irresponsabile”.

Se non verrà raggiunto un compromesso entro il due agosto gli Stati Uniti potrebbero quindi trovarsi in una condizione di insolvibilità nei confronti dei creditori interni ed internazionali. A Mario Deaglio, docente di economia internazionale all’Università di Torino, Stefano Leszczynski ha chiesto quali potrebbero essere le conseguenze dirette di una situazione di questo tipo.RealAudioMP3

R. - Nessuno lo sa con precisione, perché si è già verificato altre volte, per brevi periodi ma in contesti molto diversi, in cui l’economia globale ancora non c’era e quindi gli effetti erano più limitati. Sostanzialmente, c’è una legge che proibisce al governo americano di superare certi limiti e quindi predice a questo governo di pagare certe cose: se iniziare a non pagare le pensioni o a chiudere i musei. Ma si deve cominciare da qualcosa e poi, a discrezione del governo, si va avanti e, nel giro di un tempo che non possiamo stimare ma direi comunque entro qualche settimana, la vita economica del Paese si paralizzerebbe, perché la componente pubblica smetterebbe di esserci tranne, forse, i servizi essenziali.

D. - Tutta questa situazione potrebbe essere facilmente risolta con una legge che aumenti il tetto di spesa per gli Stati Uniti. Come mai ciò non avviene?

R. - Non avviene perché nel panorama politico americano è sorta, di fatto, una nuova forza interna al partito repubblicano - e lo sta egemonizzando - che è di opinioni estremamente anti-stataliste. Si tratta di gente che ritiene di pagare troppo tasse, a cui non importa molto dei servizi pubblici.

D. - Diciamo che si rischia un aggravamento della crisi per motivi eminentemente politici. Da un punto di vista strettamente economico, la situazione sarebbe risolvibile senza grossi danni?

R. - Su questo punto molti dei miei colleghi - soprattutto quelli americani - la pensano proprio così. Io sono lievemente più pessimista. Mettiamo però che la cosa si risolva: se io devo sottoscrivere il futuro dei titoli del debito pubblico americano, lo faccio esattamente come prima, sapendo che questo è un governo che può essere bloccato da una legge sui tetti? Oppure non chiederò, magari, un tasso d’interesse superiore o andrei a cercare un altro investimento? Sicuramente questo fattore gioca contro la sua stabilità ed il suo uso continuato nelle relazioni economiche internazionali. (vv)







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