2011-07-27 18:55:44

Falso allarme bomba alla Stazione di Oslo: dibattito in Europa sull'incontro tra culture e religioni



Ancora confusione e paura in Norvegia a 5 giorni dalle stragi a Oslo e sull’Isola di Utoya . Un allarme bomba alla stazione centrale della capitale e poi un identikit sospetto diffuso dalla polizia hanno seminato il panico tra la gente che ancora piange le 76 vittime di venerdì scorso. Il governo annuncia il rafforzamento della sicurezza, e la polizia continua a indagare sul profilo psicologico dell’attentatore, Andres Breivinik, e sui presunti complici. Intanto in Europa si discute sulle conseguenze di questa tragedia. Il servizio è di Gabriella Ceraso RealAudioMP3


Proprio ad Oslo la Comunità di Sant’Egidio tenne un incontro dal titolo: “Convivere: il dibattito sull'integrazione è fuori dalla realtà?”. Oggi la Norvegia, e tutta l’Europa sono scioccate per le stragi compiute da Breivik. Al microfono di Massimiliano Menichetti il portavoce della Comunità, Mario Marazziti:RealAudioMP3

R. - Va commentato il fatto che parliamo da tanti anni di invasione, di pericolo islamico e qui abbiamo la crescita, in casa, di fenomeni di neonazismo, estrema destra intollerante. Una generazione che cresce parlando di purezza ed individuando nemici nell’altro, nel musulmano, il povero o chi rappresenta appunto l’integrazione. C’è un problema gigantesco di educazione e di formazione, direi di sbandamento della società occidentale che produce anche questo.

D. - Ma che cosa significa parlare di dialogo in un contesto che attraversa un po’ tutta l’Europa?

R. - L’idea che l’Europa sia una “fortezza” è un non-senso. L’Europa ha un grande bisogno di immigrati, non può essere un Paese chiuso all’inclusione. E’ un luogo di speranza e di futuro per tante persone. Essere se stessi - cioè essere Europa - significa porsi anche la responsabilità di questo ruolo nel mondo, altrimenti l’Europa smette di essere Europa e diventa un piccolo luogo provinciale, che pensa ai soldi e non ha alcun senso e significato politico internazionale. Bisogna lavorare per arrivare ad una cultura che non crei nemici.

D. - Per poter dialogare e costruire una cultura che non crei nemici quanto è importante, però, avere anche un’identità chiara?

R. - E’ fondamentale. Chi dialoga ha sempre un’identità chiara. Chi ha paura del dialogo è incerto di chi è. Non esiste l’identità senza l’altro, l’identità è sempre relazione. Il dialogo non è: “Io rinuncio alle mie cose, tu rinunci alle tue e diventiamo una terza cosa che è un po’ di plastica”. In realtà, più entriamo profondamente nelle nostre radici, anche religiose e culturali, più c’è spazio per l’altro.

D. - Alcuni ritengono che la società multiculturale, però, sia impossibile. C’è chi parla di “Eurabia”, riferendosi alla chiusura e al desiderio che avrebbero i musulmani di instaurare la sharia nei confronti delle terre in cui sono arrivati…

R. - Penso sia un’affermazione talmente generalizzata rispetto al miliardo di musulmani che hanno così tante sfumature, storie così diverse tra loro... La società multiculturale fatta ad isole è un errore, l’integrazione sociale è una necessità, un valore ed è questo che fa la differenza. Chi lo fa meglio, chi lo fa per primo, ci guadagna di più.

D. - Cosa fare a livello politico per arginare le derive xenofobe e neo-naziste?

R. - Innanzitutto direi che le classi dirigenti devono aiutare a ridimensionare i toni, a non usare una “cultura del nemico”. Poi, per quello che riguarda la crescita di un fenomeno marginale come quello che possiamo definire “neo-nazista” o di intolleranza xenofoba in Europa, questo è il vero problema che dobbiamo affrontare. Si tratta di un problema educativo, spirituale, culturale, politico, civile e di ordine pubblico, ma il dibattito è sempre spostato su altro. (vv)







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