Siria: la legge sul multipartitismo non ferma la protesta
Svolta storica o farsa? Questo quanto si chiedono gli osservatori in merito alla riforma
sul multipartitismo varata ieri in Siria dal governo di Damasco dopo mesi di dure
proteste contro la presidenza Assad. L’opposizione, intanto, non recede e afferma
che la nuova legge non è altro che un modo per cercare di sedare la piazza. Intanto
gli Stati Uniti puntano il dito contro il governo di Damasco, il cui atteggiamento
- secondo Washington - è condannabile a causa della brutale repressione su persone
innocenti. Sulla legge che apre al multipartitismo, Giancarlo La Vella ha raccolto
il parere di Erik Salerno, esperto dell’area mediorientale del quotidiano “Il
Messaggero”:
R. – E’ sicuramente
un tentativo di trovare una soluzione alla grossa crisi siriana. C’è una parte dell’opposizione
che vorrebbe soltanto la fine del regime di Assad, non c’è dubbio, e c’è una parte
invece che cerca di salvare l'attuale assetto istituzionale perché, tutto sommato,
per anni ha significato per il Paese stabilità.
D. – E’ possibile che
l’opposizione siriana, di fronte a quanto successo in Tunisia e in Egitto, punti all'unico
obiettivo di destabilizzare definitivamente la presidenza di Assad per aprire ad un
nuovo corso?
R. – C’è una cosa importante in questi giorni da dire:
tutti stanno vedendo che in fondo questa “primavera araba” non sta proprio funzionando
negli altri Paesi. Ci sono difficoltà importanti in Tunisia e soprattutto in Egitto.
Comincia ad arrivare un po’ di scetticismo nelle strade dei Paesi arabi che sono ancora
agitati e questo ovviamente è un’arma che ha in mano anche Assad, per dire: “Guardate,
non pensate di poter arrivare a tutto quello che cercate; forse possiamo insieme portare
il Paese verso qualcosa di diverso”.
D. – Dal punto di vista più globale,
come la comunità internazionale guarda a questo periodo così caldo a Damasco e nelle
altre città siriane?
R. – Stanno tutti guardando a quello che sta succedendo,
non soltanto a Damasco, ma anche altrove. Il mondo siriano, oltretutto, ha dovuto
guardare anche all’atteggiamento venuto dai Paesi occidentali, molto meno decisi nei
confronti del regime siriano di quanto non siano stati nei confronti di quello egiziano,
rispetto all’idea di un cambiamento di regime. Sì, ci sono state sanzioni, si è parlato
del fratello di Assad, si è parlato di Assad stesso, però abbiamo sempre visto che
tutto il mondo ha dato credito a Damasco, sperando ancora nel cambiamento. Questo
tentativo del multipartitismo, e soprattutto di togliere al partito Baath il potere
assoluto, è un’iniziativa che teoricamente potrebbe avere un aspetto sufficiente a
calmare la piazza siriana per adesso.
D. – Che identità ha l’opposizione
siriana?
R. – Non c’è dubbio che all’interno di questa protesta troviamo
un po’ tutta la società siriana: sia quella parte che è stata più legata al potere,
che altri elementi più lontani. Probabilmente, però, chi cerca dei cambiamenti, quantomeno
nella direzione giusta, troverà in questa legge sul multipartitismo un primo tentativo
di cambiare la realtà, di portare il Paese verso una democrazia diversa. Ovviamente
la cosa importante è far arrivare il Paese ad una situazione in cui non vi sia più
lo Stato di polizia che ha imperato per tutti questi anni, ma un qualcosa di più liberale.
Quando succederà, se succederà, è l’unico modo, ovviamente, per i siriani di dire:
"Siamo riusciti in qualche modo a cambiare il nostro Paese". (ap)