Norvegia, sei arresti collegati agli attacchi di venerdì. Almeno 92 i morti
Sei persone sono state arrestate ad Oslo dalla polizia nell'ambito di un'operazione
avviata oggi in connessione con le stragi di venerdì scorso. Lo riferiscono diversi
mezzi di informazione, ma al momento non vi è alcuna conferma ufficiale dalle autorità
norvegesi. Intanto il bilancio del doppio attentato è salito ad 92 morti, cinque dispersi
nel lago Tyriefjord e fra gli oltre 90 feriti circa 10 versano in condizioni critiche.
E mentre il Paese resta sotto choc, continuano ad emergere i particolari dell’attacco
e l’identikit del killer, Anders Breivik, che ieri ha confessato l’atroce massacro.
Marco Guerra:
Anders Breivik
ha confessato il duplice attacco nel centro di Oslo e al raduno dei giovani laburisti
sull’isola di Utoya. Secondo le indiscrezioni riportate dal suo legale, Breivik ha
inoltre affermato di aver agito da solo. Un "atto atroce, ma necessario ", ha detto
l’uomo al suo avvocato. Le autorità hanno spiegato che Breivik stava preparando l'attentato
almeno dal 2009, secondo quanto scritto su un memoriale di 1.500 pagine pubblicato
da lui stesso sul web. Nel testo Breivik spiega nei dettagli i preparativi, invocando
"l'uso del terrorismo come mezzo per risvegliare le masse" e definendosi "il più grande
mostro dopo la seconda guerra mondiale". Per il momento, l’unico autore accertato
resta Breivik ma gli inquirenti stanno indagando su eventuali complici, soprattutto
negli ambienti dell’estrema destra nord-europei. Intanto, emergono i particolari di
un’azione pianificata minuziosamente, il cui obiettivo era uccidere quante più persone
possibile. Un attacco che ha trovato impreparata le forze di sicurezza norvegesi,
che ha impiegato un'ora e 30 minuti ad intervenire sulla scena del massacro di Utoya.
Un ritardo attribuito alle difficoltà a trovare rapidamente un elicottero di intervento.
E sullo sfondo di questa tragedia nazionale, la più grave dal dopo guerra, restano
tanti interrogativi che animano la società norvegese, da sempre considerata fra le
più aperte e tolleranti del continente europeo.
Ma cosa c’è dietro questo
duplice attentato e perché questi drammatici attacchi colpiscono proprio alcune nazioni
dell’occidente che sembrano più immuni ai messaggi dell’intolleranza e della violenza?
Marco Guerra lo ha chiesto Fulvio Scaglione, vicedirettore di Famiglia
Cristiana:
R. – Che
cosa ci sia dietro alla strage, compiuta da quest’uomo giovane, è difficile dirlo.
Certamente, c’è una costante ed è che questi fenomeni tragici avvengono principalmente
in Paesi nordici o con caratteristiche da Paese nordico, come certi luoghi degli Stati
Uniti. Io credo che sia una cultura per alcuni aspetti un po’ plumbea e molto basata
sul senso della colpa sociale, cioè della costrizione sociale, e anche una società
dove c’è molta apertura, ma un’apertura bilanciata da un senso della privacy, e quindi
dell’individualismo quasi ossessivo. In questo terreno è più facile che avvengano
certi episodi.
D. – L’analisi di questi eventi non chiede anche risposte
che vanno al di là della politica e che vanno ricercate negli aspetti più profondi
che formano l’identità di un essere umano?
R. - Indubbiamente. D’altra
parte ogni essere umano è un mistero, un unicum e quindi in questo unicum ci può stare
di tutto. Detto questo, io credo però che un minimo bisogna considerare anche il grado
di cultura politica in cui è maturato questo Anders Breivik. Breivik è stato per 10
anni membro tesserato del Progress party che sulla propaganda anti islamica, anti
multiculturalismo e anti su molte altre cose messe insieme, anche pretestuosamente,
ha impostato tutta la campagna elettorale del 2009. Fermo restando che una persona
giovane di 32 anni che raduna un sacco di giovani e poi gli spara addosso a sangue
freddo è certamente folle.
D. – Guardando all’identikit di Breivik vediamo
che è stato definito “fondamentalista cristiano”, “massone”, “xenofobo”… Sono state
trovate citazioni di Orwell e Machiavelli… Insomma presenta una personalità molto
complessa …
R. - E’ uno squilibrato che manifestava certe “idee”… D’altra
parte, anche nel 2005, i giovani pachistani che si fecero saltare nella metropolitana
di Londra, che almeno all’apparenza erano perfettamente inseriti nella società inglese,
frequentavano le scuole inglesi, avevano amici, vicini di casa inglesi, erano ugualmente
folli. Io credo che vada tenuto in conto - anche al di là dell’episodio di Oslo –
che da anni in Europa sta maturando una cultura dell’intolleranza, che non è solo
anti islamica ma anche, per esempio, fortemente anti semita. Dobbiamo preoccuparci
e forse avere anche un poco di paura.
D. – C’è un rischio di emulazione
nel vecchio continente?
R. – Non credo che ci sia un rischio maggiore
rispetto a prima perché questi episodi nei Paesi nordici e nei Paesi anglosassoni
sono purtroppo relativamente frequenti. Quindi non credo che ci sia un rischio di
emulazione più di quanto non fosse esistente già prima. (bf)